Omicidio Willy Monteiro, parla uno dei fratelli Bianchi direttamente dall’aula dove ha rilasciato alcune dichiarazioni: “Non l’ho ucciso io”
Quasi tre anni fa una delle vicende che ha sconvolto non solamente la città di Roma, ma tutto il Paese intero: ovvero quello della morte del giovane Willy Monteiro. Anzi, dell’uccisione di Willy. Quest’ultimo è stato massacrato di botte e preso a calci e pugni come se fosse un sacco da boxe in quella terribile sera del 6 settembre 2020. Il ragazzo, di origine capoverdiana, venne ucciso dopo un pestaggio all’interno di un locale dopo aver difeso un amico in difficoltà. In questa vicenda furono quattro gli indagati: Mario Pincarelli, Francesco Belleggia ed i fratelli Bianchi, Marco e Gabriele.
I primi due sono stati condannati rispettivamente a 21 e 23 anni di carcere, mentre i fratelli all’ergastolo. Direttamente dall’aula sono arrivate altre dichiarazioni da parte di Gabriel Bianchi, nell’ambito del processo di secondo grado. “Sento dentro di me un peso per quello che è successo. Non sono un assassino, non sono un uomo senz’anima”. Poi aggiunge: “Non ho colpito Willy e so che voi lo accerterete. Io dovrò rispondere solo per ciò che ho fatto e forse anche per essere andato lì“. Questo è quello che ha riferito dinanzi ai giudici della Corte d’Assise d’Appello di Roma.
Gabriel Bianchi fa “mea culpa” ma allo stesso tempo ammette di non essere stato lui a riempire di botte il povero Willy. Quest’ultimo che era uscito con degli amici per trascorrere la serata e che invece non è più ritornato a casa dalla sua famiglia. “Non è facile parlare di un ragazzo che non c’è più. Non è vero che non ho mai parlato del dolore della famiglia. Mi sono inginocchiato e ho chiesto scusa“. Scuse che non basteranno affatto visto che i familiari del 21enne non potranno più riabbracciarlo.
Come riportato in precedenza i due fratelli Bianchi, però, sono stati giudicati colpevoli dell’omicidio e condannati all’ergastolo: “Mi hanno dato l’ergastolo perché dicono che ho dato colpi. Non è vero. Non sono un pazzo omicida. Siamo andati perché chiamati e richiamati dagli amici, ma è stato un errore. In carcere ho rivisto quegli attimi e ho capito il dolore della famiglia di Willy. Ora che sono padre anche io so cosa significa. Senza verità non c’è giustizia“.