L’analista ed esperto di affari russi per il Centro Studi Internazionali ha spiegato situazione e possibili scenari a Notizie.com
Si rischia di essere arrivata a una fase cruciale della guerra in Ucraina e della storia della Russia in generale. La marcia di Yevgeny Prigozhin che si è fermata a 200 chilometri da Mosca è un avvenimento che sarà probabilmente ricordato nelle pagine di storia, quello che resta da capire è il senso in cui sarà menzionato. Per provare a capirlo, la redazione di Notizie.com ha contattato in esclusiva Marco Di Liddo, analista ed esperto di Russia per il Centro Studi Internazionali (Cesi): “Dobbiamo fare due premesse d’obbligo: la prima è che dobbiamo valutare due livelli temporali. L’impatto e le conseguenze nel breve periodo, nei prossimi giorni, e quelle di medio-lungo periodo, nei prossimi mesi o anni. Qualsiasi analisi altrimenti è destinata a essere solo parziale. La seconda è che sulla base di questa considerazione, la valutazione finale di questo azzardo fatto da Prigozhin non può avvenire prima di vedere alcune decisioni che saranno prese dal vertice di potere russo“.
Cosa intende nello specifico?
“Bisogna vedere il destino del Wagner Group. Si è parlato di integrazione dei miliziani, delle PMC che devono firmare un contratto di subordinazione con il Ministero della difesa russo. Bisogna vedere se questo vale per le attività dell’operazione militare speciale, quindi per quelle in Ucraina e non vale in generale. È importante, perché il quadro normativo russo è molto opaco. Se da un lato Putin (che ha autorizzato questo decreto del ministero della difesa e quindi ha preso le sue parti) ha ceduto alle sue pressioni, dà un colpo importante a livello propagandistico a Wagner, dall’altra parte bisogna vedere se questo decreto si applica su tutte le altre attività dove non è presente fisicamente l’esercito russo. Ossia, questa attività si applica anche all’estero? Si applica in Siria, dove è in corso un’attività concordata con il governo di Al-Assad? Si applica in Africa? Questa è una discriminante importantissima, perché da questo si capisce molto. Se il Wagner Group deve sostanzialmente subordinarsi al ministero della difesa per quanto riguarda le operazioni dove è presente il ministero della difesa russo, quindi Ucraina e Siria, è un discorso. Se invece si fa su tutto è diverso. È importante perché il Wagner, qualora fosse confermata la prima opzione, allora continua a sopravvivere e soprattutto lo fa nelle attività più importanti per lui, le più lucrative, cioè in Africa, dove continua a essere importante come strumento ibrido di influenza dello stato“.
L’immagine di Putin
Cosa succederà adesso ai vertici della difesa?
“Questo è l’altro aspetto che bisogna analizzare. Il famoso patto fatto con Prigozhin e che prevede che vada da Lucashenko, si ferma qui? Il patto è solo ‘Fermatevi dal fare questa attività che state facendo in cambio dell’impunità, in cambio della libertà di Prigozhin e della caduta di tutte le accuse nei suoi confronti’? Se nelle prossime settimane i vertici della difesa vengono destituiti, vuol dire che anche questa è una componente del patto“.
Quindi come ne esce Putin?
“In generale, sia nel breve che nel medio-lungo periodo l’immagine di Putin risulta indebolita, perché sono passati i messaggi che una compagnia militare privata è stata in grado di controllare una delle principali città russe (la principale città russa per quanto riguarda la logistica dello sforzo militare in Ucraina), prendendo tutti i siti più importanti della città in breve tempo e senza opposizioni della gente, che anzi inneggiava ai miliziani. Il secondo messaggio è che questa compagnia ha marciato per 500 chilometri in territorio russo affrontando una resistenza minima e riuscendo a portare dalla sua parte alcune unità militari, che si sono rifiutate di sparare, per paura o complicità, e sono rimaste neutrali. Terzo messaggio che è passato è che quest’uomo qui, con questa compagnia, non si è solo ribellato al suo padrino, ma con un’azione di forza militare ha puntato contro Mosca, costringendo Putin ad andare da Mosca a San Pietroburgo. E nonostante questo ha comunque ottenuto l’impunità. Dopo che Putin ha parlato di traditori, di pugnalata alla schiena e azioni per punire l’ammutinamento, ha fatto un accordo, facendo passare il messaggio che quest’uomo ha comunque ottenuto qualcosa. E questa è un’immagine di debolezza”.
L’azione di Prigozhin
E cosa significa per lo stato russo?
“Significa che lo stato russo non solo non detiene il monopolio della violenza nel suo territorio, ma può essere addirittura ricattabile. L’uomo del Cremlino che ha sempre dato idea di invulnerabilità, improvvisamente si trova fragile ed esposto, facendo i conti con un apparato di potere diviso, in cui si sta tramando e si sta ragionando nell’oscurità su come cambiare l’attuale sistema di potere. Se nel lungo periodo addirittura i vertici della difesa vengono sostituiti, il messaggio di debolezza diventa ancora più profondo e diffuso. Turchia e Iran si erano fatti aventi per cercare una mediazione, ma alcuni alleati storici come il Kazakistan di fronte alla richiesta di Putin hanno detto ‘no, grazie, è una questione interna russa’. Questo è un altro smacco. Non solo, Putin è dovuto ricorrere all’espediente di Lukashenko per non perdere la faccia. Quest’ultimo che fa la mediazione è perché Putin non può metterci la faccia. Sono tutti segnali di debolezza. Ora spetterà a lui vedere come risolvere“.
L’azione di Prigozhin è stata solo dimostrativa o nascondeva altri obiettivi?
“L’azione di Prigozhin non era dimostrativa, non era un tintinnare le sciabole senza avere nulla in mano, ma è stata un’abilissima mossa da giocatore di poker. Perché si è trovato nella situazione di poter improvvisamente perdere tutto quello che aveva costruito in questi anni, quindi era inevitabilmente destinato al declino. Poteva accettarlo o giocarsi il tutto per tutto e rischiare. Ha fatto la seconda cosa. Gli è andata bene per il momento, comunque vada ha trasmesso il messaggio che siamo in un medioevo politico in Russia, con più poli di potere e in cui quello centrale non è così forte come vuole far vedere. Ha dimostrato che si può rompere il sistema marcio e di avere delle entrature nelle parti più sensibili nell’apparato militare russo e in politica. Ha dimostrato di avere qualcuno disposto a utilizzarlo o comunque con punti comuni in agenda. Nel breve periodo ha ottenuto un grande risultato. Nel lungo bisognerà vedere come gestirà la situazione. Avrà ovviamente sempre la morte dietro la schiena e dovrà difendere i suoi interessi. Se ci riesce, ha vinto su tutta la linea“.
I possibili scenari
Cosa può accadere da adesso in poi in Russia?
“Sostanzialmente inizierà la conta e le fazioni cominceranno a misurare il rispettivo potere e la forza per vedere cosa si può fare, tutto questo in un contesto della guerra in Ucraina che non può essere persa. Putin dovrà guardarsi le spalle e fare azioni per sanare il danno subito. Dovrà riconquistare la fiducia della popolazione, rinsaldare i legami di fedeltà con una parte dell’apparato e allo stesso tempo fare un repulisti di tutte le parti che non sono con lui. Tutto questo può portare a fratture e instabilità. Ci aspetta una tripla dimensione di lotta: Russia contro l’Ucraina, Russia contro Occidente, Putin contro i suoi nemici“.
Ci stiamo avvicinando a una Russia senza Putin?
“È presto per dirlo. Basta fare un esempio per spiegarlo: il tentato assassinio di Hitler durante la Seconda Guerra Mondiale, la celebre Operazione Valchiria. Se qualcuno fosse stato vivo allora e avesse visto quell’evento, come lo avrebbe giudicato? Probabilmente come la prova più evidente che qualcosa si era rotto all’interno del sistema di potere nazista e che c’erano persone disposte ad azioni forti contro il Fuhrer. Ma Hitler non è caduto nell’immediato e non per una congiura di palazzo, ma perché russi e americani sono arrivati in Germania. Quindi dire adesso se e quanto durerà l’epoca putinista è un grosso punto di domanda. Certo che questo è un chiaro segno di declino e Putin, che ha anche un’età. Se non riuscirà a mandare un segnale forte o a riprendersi, sicuramente l’entourage di potere dovrà pensare a soluzioni nuove. È iniziato un dibattito interno molto intenso per capire chi può essere l’erede e cosa si può fare. Detto questo la storia della Russia insegna che generalmente i leader muoiono nel loro letto, raramente vengono destituiti con un atto di forza. Negli ultimi 100 anni l’unico caduto per una rivoluzione è stato lo zar e laddove ci sono stati tentativi di una rottura di potere dura, non sono andati mai a buon fine. Mi viene in mente il tentativo di colpo di stato dell’agosto 1991. Sono tutti segnali però che il sistema di potere è marcio. Esiste la seria possibilità che siamo entrati in una fase di declino, a meno di azioni clamorose che lo arrestino“.