Nelle ultime ore si sta discutendo del quinto capitolo di Indiana Jones, ma ecco perché la trilogia degli anni ottanta non verrà mai eguagliata.
Ieri è stato il giorno che attendavamo da quindici anni… è uscito nelle sale di tutto il mondo il quinto capitolo di Indiana Jones, di cui potete già leggere la nostra recensione.
Un Harrison Ford ormai 81enne ha già confermato che questo sarà la sua ultima apparizione nella saga, il che rende questo Indiana Jones – Il quadrante del destino, uno spartiacque piuttosto importante all’interno della storia del cinema statunitense.
Quella di Henry Jones Jr. (il vero di nome di Indiana Jones nei film), è una delle figure più iconiche della storia del cinema mondiale, che ha accompagnato svariate generazioni nella scoperta di un cinema per ragazzi, che potesse divertire anche gli adulti. Una proposta audiovisiva leggera e spensierata, che ha sempre fatto appello alle fantasie e agli istinti dell’essere umano, quasi sempre con invidiabile efficacia ed eleganza profilmica. La scoperta dell’ignoto, la ricerca della verità all’interno della confusa ricostruzione storica dei fatti, sono alla base della civiltà umana. I lavori dell’archeologo e dello storico racchiudono gran parte delle spinte esistenziali che caratterizzano l’umanità, sin dalle sue prime manifestazioni sulla terra. Se poi, a questi mestieri, si sottraggono gli elementi più noiosi, come lo studio in biblioteca di migliaia di volumi e si aggiungono l’adrenalina dell’azione e del pericolo, ecco che il cocktail di emozioni è servito.
Quando un ragazzino/a guarda Indiana Jones, difficilmente rimane indifferente al fascino di ciò che Spielberg ha messo in scena con i primi tre film, poiché quella preziosa coincidenza tra amore per la storia e spettacolarità dello svolgimento, raramente falliscono nell’affascinarlo. Il tutto, a prescindere dalle male voci che ne hanno sempre ridimensionato il talento, non sarebbe stato possibile senza la presenza di Harrison Ford, che ha innegabilmente inghiottito il personaggio di Henry Jones Jr., donando quei piccoli gesti e quel caratteristico modo di fare che ancora oggi suscitano un sentimento di attrazione nei suoi confronti. Il fascino di Ford nei panni del professore in cerca di guai, è realmente un pilastro portante della saga, poiché ha contribuito profondamente a rendere sensuali e attraenti le ricerche del professor Jones.
Se si considera poi, la gestione formale di Spielberg, ecco che la gran parte delle sequenze e delle inquadrature, divengono icone di un icona eterna. Ogni movimento, passo o sguardo di Ford viene preceduto o seguito da un movimento uguale o contrario della macchina da presa, che ne seleziona minuziosamente gli elementi migliori, per generare quadri filmici semplicemente perfetti. Ecco che con la trilogia degli anni 80, Spielberg inventa un modo di fare il cinema di avventura, rivolgendosi al grande pubblico nel contenuto e al cinema d’autore nella forma. E’ proprio per questo che le sequenze più iconiche e riuscite della saga, sono quelle in cui gli effetti visivi e speciali non sono relegati alla post produzione, ma sono lì, reali e tangibili. Se Indy può toccare qualcosa, allora quella preziosa sensazione di avventura si eleva, facendoci sentire gli odori di una situazione, il dolore di un pugno o il fastidio di una ragnatela in faccia. Tutto reale, sporco ma vero, faticoso ma gratificante. La presenza del sovrannaturale non disinnesca affatto questa sensazione, poiché, almeno nei primi tre film, questa viene costantemente dosata con cura e delicatezza.