Il sottosegretario alla Giustizia insieme al direttore del Fatto Quotidiano si sono dati battaglia sul palco della manifestazione organizzata dai giovani di Fratelli d’Italia
Una battaglia senza esclusioni di colpi, usando spesso il fioretto, ma sempre con grande rispetto e anche fin troppo garbo. Sia da parte del sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro, ma anche da parte del direttore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio. I due hanno mantenuto ognuno la propria posizione, ma i giovani di Fratelli d’Italia hanno apprezzato, non solo il deputato e il sottosegretario, ma anche la sincerità, spesso durezza, da parte del giornalista del Fatto che non si è mai nascosto davanti alle provocazioni. Il nome dell’incontro tra i due è tutto un programma, “Rotta di collisione“, moderato da Nicola Caruso che fa parte dell’esecutivo di Gioventù Nazonale.
I due si scontrano su tutto per quel che riguarda la riforma alla Giustizia che, provocatoriamente Travaglio la definisce “schiforma“, tanto che Delmastro si mette a sorridere ma allo stesso tempo ribatte, anche se il direttore subito chiarisce “le chiamavo così, ovvero schiforme, già da tanti anni, da quando le faceva Renzi e ancora prima di lui altri“. Si parla delle intercettazioni, dell’abuso d’ufficio, in parte, dell’avviso di garanzia, sul quale i due si sono trovati d’accordo. “A voi interessa sapere se un politico va cena con un mafioso? Se un giornalista lo scopre e lo scrive fa bene?”, chiede il direttore alla platea.
Secondo Travaglio, la limitazione alla diffusione delle intercettazioni sarebbe un imperdonabile bavaglio al libero giornalismo d’inchiesta. “Con la riforma Nordio – insiste il giornalista dal palco – non potremo più scrivere di terze persone coinvolte nelle indagini se non sono indagati. Come ho già detto farò obiezione di coscienza perché ho deciso di fare il giornalista per raccontare le cose che la gente non sa e che il potere vuole nascondere”.
La risposta di Delmastro non si è fatta attendere nello specifico delle intercettazioni e con tono un po’ acceso replica alla teoria di Travaglio, ricevendo anche un sonoro applauso: “Da ora in poi non leggeremo più la vita privata dei cittadini dai giornali. Da recepire per bene, non abbiamo mai ridotto l’uso delle intercettazioni, la magistratura non viene privata di nessuno strumento operativo nella lotta alla criminalità. Con la riforma abbiamo semplicemente applicato un principio basilare di civiltà giuridica. Finché non sono depositate a processo, i giornali non possono divulgare le intercettazioni che riguardano terze persone o l’indagato per fatti non penalmente rilevanti. Si può squadernare la mia vita privata per sapere se sono un mafioso o corruttore, ma non per raccontare le abitudini sessuali e far fare a Travaglio i titoloni. Ecco d’ora in avanti non lo farà più…”. E giù risate, anche perché detto con estrema serenità.