Era uscito dopo 12 anni di reclusione grazie alla concessione dei permessi premio. Quello stesso magistrato che l’aveva definito “detenuto modello” ora gli ha revocato la misura
Cattive notizie per Salvatore Parolisi, l’ex caporal maggiore che è stato condannato a 20 anni di reclusione per l’omicidio della moglie Melania Rea avvenuto nell’aprile del 2011. L’uomo uscito dal carcere di Bollate, Milano, grazie alla concessione dei permessi premio ha rilasciato un’intervista alla trasmissione Chi l’ha visto? di Rai 3 in cui tra le altre cose aveva polemizzato contro i giudici che l’hanno condannato in quanto “sforniti di prova” professandosi ancora una volta, dopo 12 anni di carcere, innocente.
Le parole del Parolisi che hanno riguardato anche il rapporto con la moglie Melania avevano mandato su tutte le furie la famiglia della donna uccisa a coltellate in un bosco in quel lontano aprile del 2011. Melania era spesso lontana dalla casa coniugale, non si sarebbe comportata da moglie e questa cosa avrebbe fatto infuriare l’uomo che però nonostante i tanti tradimenti professa di non aver ucciso la moglie. Le prove trovate sul luogo del delitto non sono sufficienti ed anzi risultano in alcuni casi contraddittorie. “Forse non si ricorda che è stato trovato il suo dna sui denti di mia sorella così da collocarlo sulla scena del delitto” aveva commentato il fratello di Melania intervenendo in diretta alla trasmissione. Il magistrato di sorveglianza che gli aveva concesso i permessi premio gliel’ha ora revocati in quanto l’uomo ha dimostrato di “non aver compreso il significato della condanna svilendo il processo, il percorso di reinserimento e la figura della donna“.
“Ritiene di essere stato ingiustamente condannato: non ha compreso il significato dei permessi premio”
Con una sola intervista Parolisi è riuscito così a farsi revocare i dodici permessi premio che gli erano stati concessi fino al prossimo gennaio. Le polemiche dell’uomo raccolte dai microfoni di Rai 3 avevano toccato anche la stessa magistratura che a suo dire aveva commesso errori in ognuno dei quattro gradi di giudizio condannando un uomo innocente alla pena di 20 anni quando, se avessero avuto delle prove concrete, gli avrebbero inflitto quasi certamente l’ergastolo. Non possono passare inascoltate queste frasi in qualche modo di sfregio anche a chi si occupa di assicurare la giustizia nel paese, se non altro in quanto colleghi del magistrato di sorveglianza di Milano Rosanna Calzolari.
Il magistrato che gli aveva concesso i permessi premio dopo la valutazione della sua condotta carceraria definita da “detenuto modello” ha ritenuto in seguito all’intervista che l’ex militare non avesse ancora completato quel “lavoro introspettivo” che dovrebbe portarlo a capire ed accettare la pena per arrivare al reinserimento sociale. Ha invece usato parole che sono in “linea con il vissuto di chi ritiene di essere stato ingiustamente condannato” dimostrando di non aver “compreso il significato e la valenza” dei permessi premio che, con la “loro funzione pedagogico-propulsiva“, mirano ad accompagnare il condannato “in un percorso di reinserimento e riabilitazione sociale graduale e concreto“.