Il ministro Crosetto intervistato da ‘La Stampa’: “Sull’abuso d’ufficio e la riforma della giustizia mi fido di Nordio. Non voglio andare a sindacare quello che lui dice”.
Lunga intervista ai microfoni de La Stampa per Guido Crosetto. Diversi i temi affrontanti dal ministro della Difesa e tra questi c’è anche quello del Pnrr a poche ore dal via libera dell’Unione Europea alla terza rata.
“Questi soldi devono essere utilizzati per realizzare opere e interventi utili al Paese ed è importante in questo momento tutelare al meglio lo Stato e i cittadini – ha sottolineato il ministro – quindi si potrebbe pensare ad inserire delle fideiussioni quando si finanziano le opere pubbliche. Si tratta di un modo per portare le imprese a prendersi la responsabilità in caso di mancato rispetto dei tempi e non dare la colpa solamente allo Stato“.
“Gare deserte? In tutti i Paesi, anche da noi, si chiedere una fideiussione a garanzia dei tempi – ha detto ancora Crosetto – è una sfida troppo grande per accollare rischi solo allo Stato. Rischieremmo di farlo saltare“.
Crosetto sull’abuso d’ufficio: “Mi fido di Nordio”
Per Crosetto idee chiare sull’abuso d’ufficio: “Ho deciso che sulla giustizia delego il mio voto e il mio pensiero a ciò che decide il ministro Nordio perché mi fido di lui. Non vado a sindacare una virgola di quello che dice. Concorso esterno? Quello che ha detto lo pensa da vent’anni. Qualunque cosa rispondessi, alimenterei polemiche e non è mia intenzione“.
Per il ministro un passaggio anche sul caso Santanchè: “Sono garantista e un avviso di garanzia per me non conta nulla. E’ solo un qualcosa a tutela degli indagati. Se iniziamo a far dimettere i ministri quando un magistrato manda avvisi di garanzia, in un paio di settimane avremo una distorsione del sistema giudiziario e del suo corretto rapporto con la politica“.
“Zaki? Non c’è stato uno scambio”
Crosetto ha parlato anche della vicenda Zaki: “Non c’è stato nessuno scambio. La grazia è un tassello di quell’opera di ricostruzione dei rapporti con l’Egitto. Rapporti che alcuni governi precedenti avevano deciso in modo ideologico di chiudere. La soluzione dei problemi tra Italia ed Egitto, tra cui anche il caso Regeni, nasce semmai intensa cooperazione politica e diplomatica“.
