La diatriba sul salario minimo prosegue e, stavolta, è il segretario della Cisl, Luigi Sbarra, a dire la sua sulla proposta dell’opposizione.
Il salario minimo sembra unire tutti, almeno a sinistra, ma, oltre a Renzi e la sua Italia Viva, anche il segretario della Cisl Luigi Sbarra ha manifestato le sue perplessità in merito. Landini e Bombardieri, rispettivamente segretari di Cgil e Uil, sono convinti di questa manovra e così gli italiani, che hanno manifestato, nei sondaggi preliminari, un consenso del 70%.
E’ a causa di questi numeri che, Elly Schlein, ha intenzione di ricorrere ad una raccolta firme, nel caso in cui il provvedimento non dovesse passare al Parlamento.
Il salario in mano alla politica
Sbarra ha ribadito e confermato la propria contrarietà al salario minimo: “Difendo semplicemente un principio: l’autorità salariale deve restare alle libere relazioni industriali, non può essere affidata alla politica. La soluzione per fare il salario minimo rispettando questo principio è a portata di mano: si prenda a riferimento il trattamento economico complessivo dei contratti più applicati nei vari settori e lo si faccia valere per i comparti affini non coperti o dove proliferano i contratti pirata“. Ma come si è giunti a questa situazione? Questa domenica saranno passati 30 anni dai protocolli Ciampi del 93’ sulla ‘politica dei redditi’, ma da allora i salari non sono cresciuti e Sbarra spiega perché: “Quel ‘patto’ voluto fortemente dalla Cisl dice Sbarra salvò il Paese dalla bancarotta, garantì il potere d’acquisto, consenti le riforme e l’ingresso dell’Italia nella moneta unica europea. Doveva essere I’inizio di un percorso che fu invece bruscamente interrotto dal ventennio della disintermediazione politica e di un bipolarismo inconcludente. Anni in cui avremmo dovuto fare le riforme e gli investimenti necessari a rilanciare la crescita, a ridurre la pressione fiscale, ad aumentare e redistribuire la produttività, a cambiare la composizione di un sistema produttivo frammentato, a costruire modelli partecipativi e a sviluppare la contrattazione decentrata aziendale e territoriale… Invece niente, il Paese è rimasto fermo“.
Sbarra prosegue: “Oggi dovremmo ripartire da quell’accordo puntando su obiettivi diversi. Allora era necessario freddare I’arroventarsi della spirale prezzi salari, oggi il traguardo è per certi versi opposto: fermare l’inflazione ‘da offerta’ legata al carovita nei beni essenziali ed energetici. La via per elevare salari passa per il rinnovo di tutti i contratti pubblici e privati e l’incentivazione defiscalizzazione della contrattazione di secondo livello; inoltre, serve una riforma fiscale redistributiva che sposti il prelievo dai redditi agli extraprofitti e alle rendite finanziarie e immobiliari, e va dichiarata una guerra all’evasione fiscale”.
La Meloni ascolta i sindacati?
Su quanto e come il governo Meloni stia venendo incontro ai sindacati, Sbarra afferma: “Le dichiarazioni dice il segretario della Cisl vanno in questo senso (verso l’ascolto dei sindacati), ma i conti si fanno alla fine. Per ora rileviamo che si è aperta una fase nuova con diversi tavoli di confronto su riforme istituzionali, politiche industriali, salute e sicurezza, sanità. importante che la partita del fisco entri in questo cantiere. Esistono tutte le condizioni per negoziare un grande patto sociale su investimenti, Pnrr, produttività, riduzione delle tasse sul lavoro, rinnovo dei contratti”. Sull’allarme caldo, i sindacati stanno facendo sentire la propria voce: “Bisogna fare presto e proteggere i lavoratori più esposti. E urgente un’intesa tra governo e parti sociali per arrivare a un decreto nel solco dei protocolli sulla sicurezza attivati durante il Covid, con Cig a anche sotto i 35 gradi, rimodulazione degli orari, rotazione del persone, pause adeguate, e utilizzo dello smart working. Bene le ordinanze di alcune regioni che hanno fermato le attività a rischio nelle fasce orarie dalle 12 alle 16”.