Il criminologo Carmelo Lavorino in esclusiva ai nostri microfoni sull’omicidio di Sofia Castelli: “L’arma è servita all’assassino per infierire sulla vittima”.
L’omicidio di Sofia Castelli ha sconvolto l’intera Italia. La giovane di 23 anni è stata uccisa dal suo fidanzato nel sonno. Una morte che ha ancora diversi punti da chiarire e la nostra redazione ha contattato in esclusiva il criminologo Carmelo Lavorino, Direttore del CESCRIN (Centro Studi Investigazione Criminale), per capire meglio cosa è successo.
“Zakaria Atqaoui ha ucciso Sofia Castelli con un coltello dopo essersi introdotto nell’appartamento della ragazza – ha sottolineato Lavorino – l’arma è servita all’assassino per infierire sulla vittima molti colpi, così dimostrando odio, livore e volontà punitiva, oltre alla perdita del controllo ed all’attuazione del rito omicidiario dello scannamento della povera vittima: noi lo chiamiamo over killing, oltre la morte. Sicuramente il movente è stato prodotto dalla gelosia, dalla passione smodata e incontrollata, dalla sofferenza per la ferita narcisistica subìta causa l’abbandono e le scelte di libertà della povera Sofia e da un insieme vorticoso di emozioni negativa e distruttive“.
Lavorino: “La premeditazione sarà valutata dagli accertamenti tecnici ed autoptici”
Il criminologo Lavorino ha sottolineato che con questa violenza il killer “ha voluto punire la donna che lo aveva offeso con il troncamento del rapporto per andare a divertirsi in discoteca, così offrendosi in tal modo ‘disponibile ad altri uomini’. E’ evidente che l’assassino è tato preda del suo sospetto di gelosia, della sua voglia di dominatore di controllo, del suo narcisismo maligno aggressivo“.
“Prima di stabilire se sia omicidio premeditato dobbiamo attendere gli accertamenti tecnici forensi ed autoptici, la dislocazione delle ferite e le loro caratteristiche criminologiche e meglio-legali, il numero di colpi, l’analisi delle macchie di sangue e della scena del crimine, l’interpretazione di tutte le tracce, comprese quelle telefoniche sui social e testimoniali – ha aggiunto il Direttore del CESCRIN – il killer ha tradito la fiducia che la vittima aveva in lui, così dimostrando sia di essere schiavo degli istinti assassini vendicativi punitivi e del drago assassino che sonnecchia nelle parti arcaiche del cervello pronto a uccidere, sia di avere perso i freni inibitori che un essere umano è obbligato ad avere e ad attivare. Aspettiamo le conclusioni delle indagini sperando che siano serie, professionali e senza lacune“.