Strage Bologna, in occasione dell’anniversario di quanto successe 43 anni fa nella città felsinea, il senatore Lucio Malan ha rilasciato delle importanti dichiarazioni ai nostri microfoni
43 anni fa è stata scritta una delle pagine più buie del nostro Paese. Un attentato terroristico che si è verificato nella città di Bologna nei pressi della stazione centrale. Una bomba che è stata fatta esplodere e che ha ucciso 85 persone innocenti. Tra questi uomini, donne e bambini. Gli stessi che erano in procinto di partire per le vacanze estive. Mai, però, hanno raggiunto le mete. In merito a quanto successe quel tragico giorno è intervenuto, ai nostri microfoni in esclusiva, il senatore di Fratelli d’Italia, Lucio Malan.
Queste le parole da parte del politico: “La strage di Bologna è una gravissima ferita. Non solamente per la città in questione, ma per il Paese intero. Oggi è stata ricordata, dal presidente Ignazio La Russa durante la seduta al Senato, cosa che era stata fatta solo una volta prima (Casellati tre anni fa, ndr). Lo ha ricordato il presidente Meloni con un messaggio. A Bologna è andato il ministro Piantedosi. E’ sicuramente una pagina da ricordare. La violenza è sempre da respingere. Di qualunque matrice sia, politica o altro“.
“E’ un fatto anche storico, una pagina tragica dell’Italia. Accertare ulteriori dettagli oltre a quelli che sono stati esaminati e accertati dalla magistratura. E’ utile per capire il funzionamento, per capire eventuali gesti con la speranza che a nessuno venga in mente di fare. Una giornata per riflettere su queste cose”. Sulle parole di Mattarella fa chiarezza: “Lo ha detto anche il presidente La Russa questa mattina. Ha detto nel suo messaggio ha chiaramente questo“.
Successivamente risponde alle polemiche sollevate dall’Anpi rivolte alla premier Meloni, per non aver parlato della matrice neofascista dietro il terribile attentato costato la vita a 82 persone. “I signori dell’Anpi meritano pieno rispetto perché sono figli, nipoti di persone che hanno combattuto in Italia e che meritano tutto il nostro rispetto. Mentre i dirigenti non hanno nulla a che fare con loro e con la guerra di liberazione. Sono liberissimi di comunicare come vogliono, ma la premier ha il diritto e dovere di dire quello che vuole“.