Sulla tassa sugli extraprofitti delle banche dissente fortemente l’economista Francesco Giavazzi, già membro in passato del governo presieduto da Mario Monti, che sul Corriere della Sera lancia un ammonimento all’esecutivo. “Un autogol del governo, si rischia lo stop all’acquisto di titoli di Stato”, scrive Giavazzi, parlando di una “una tassa sbagliata tecnicamente, perché distorce l’allocazione del credito, e dal punto di vista della comunicazione, poco rispettosa degli investitori internazionali, di cui abbiamo bisogno come il pane”.
Il professore intende insomma salire in cattedra nei confronti delle decisioni prese dall’esecutivo, e definisce la tassa sugli extra profitti della banche “un errore da bocciatura all’esame di economia”.
Giavazzi, professore di economia all’Università Bocconi e consigliere economico del presidente del Consiglio durante il governo di Mario Draghi, non ci sta e invita il governo a ripensare la sua scelta. “Il governo non impone una tassa sui profitti totali di una banca, ma soltanto sul margine di interesse, cioè la differenza tra interessi attivi e passivi. La tassa non tocca le altre attività, per esempio il contributo ai profitti delle commissioni che le banche fanno pagare quando vendono fondi o polizze. Questo è il primo effetto di questa distorsione è che sposterà le banche verso attività diverse dal margine di interesse”, spiega l’economista di impostazione liberista, secondo cui il mercato è capace di autoregolarsi e lo Stato non dovrebbe intervenire in materia di economia, o farlo il meno possibile.
La tesi dell’economista secondo cui “traspare una visione sovranista dello Stato”
La tesi di fondo, in questo caso, è che il meccanismo indotto dal governo potrebbe indurre un effetto pericoloso per i conti dello Stato, per il fatto che gli investimenti in Btp fanno parte del margine di interesse e di conseguenza per gli istituti di credito riterranno meno conveniente investire in titoli di Stato. Insomma, tutto questo per Giavazzi rischia di ingenerare un autogol per il nostro Paese.
Il suo, spiega, sarebbe un giudizio tecnico, non politico. “Questa tassa è un provvedimento dal quale traspare una visione sovranista dello Stato. E’ come se avessero detto: io sono il sovrano e il sovrano tassa chi vuole, senza preoccuparsi degli effetti sull’economia. Se l’ economia, cioè tutti i cittadini, ne soffrono questo non è un mio problema”, dice Giavazzi, sostenendo che la tassa potrebbe pensalizzare l’economia italiana.
“La domande dei prestiti sta già frenando e le banche potrebbero avere interesse ad assecondare questa frenata spostandosi dai prestiti verso le commissioni sui servizi bancari, magari introducendone di nuove”, è la conclusione dell’economista. “Le commissioni infatti sono escluse dalle attività soggette alla tassa, con l’effetto di far rincarare ancora di più il costo del denaro”.