Maurizio Lupi, leader di Noi Moderati e sostenitore centrista dell’esecutivo guidato da Giorgia Meloni, liberale da sempre non ci sta a definire l’attuale governo come “socialista”. “Ma che dice. Siamo il primo governo che ha il coraggio di fare quello che va fatto. Incoraggiare il mercato, sostenere le famiglie: non siamo socialisti, ma attenti alla società nella sua pluralità”, dice al Corriere della Sera.
I temi in gioco sono molti, e Lupi deve smarcarsi da chi lo accusa di avere rinnegato l’impostazione liberale e liberista del suo partito.
Maurizio Lupi, presidente di Noi moderati, i centristi a sostegno del governo Meloni, cerca di rispedire al mittente ogni accusa di eccesso di statalismo. Anche se gli ultimi provvedimenti del governo Meloni, dalle tasse sugli extraprofitti delle banche al salario minimo sembrano andare in direzione contraria, almeno nominalmente. “Intervenire sulla banche non è essere socialisti, ma svolgere pienamente la funzione sussidiaria in cui questo governo crede, anche perché contrariamente ai socialisti noi le banche non le statalizziamo. Significa fare il regolatore quando serve. Che è cosa diversa dall’intervenire sul mercato. Nel quale, le ripeto, noi crediamo“, tenta di spiegare Lupi.
Sul Corsera Lupi si smarca dalle accusa di socialismo al governo Meloni
Forza Italia ha specificato che in Parlamento il decreto verrà modificato, e in questo l’esponente centrista non si vede alcuna contraddizione ma anzi il segno di un sano dialogo all’interno del governo. Anche il provvedimento di regolamentazione delle tariffe aeree va però in una direzione non proprio liberista. “Io voglio ricordare a Ryanair che ha fatto la sua fortuna anche grazie ai contributi degli enti pubblici degli scali in cui arriva. E dunque non accettiamo lezioni sul mercato da Ryanair. Ma continuiamo a credere che gli azionisti del governo siano i cittadini e le loro forme associate“, ribatte ancora Lupi.
Su salario minimo, invece, “il dialogo è sempre importante e positivo e dunque l’incontro con le opposizioni è molto utile. Anche se io resto convinto che la soluzione non sia il salario minimo. Per aumentare gli stipendi, molto meglio la contrattazione collettiva e la riduzione del cuneo fiscale che nella prossima legge di Bilancio dovremo consolidare”-
Insomma, i temi in gioco sono numerosi. Ad esempio, per ultimo, il fatto che i salari italiani restano tra i più bassi d’Europa. Tuttavia, per Lupi “lo strumento per rispondere al salario povero non è il salario minimo. Noi crediamo in un’alleanza tra lavoratori e imprese e se c’è da lavorare sulle sacche che sfuggono ai contratti, si lavora su questo“.