“Ci aspettiamo un incontro serio e costruttivo, cioè non basato su questioni ideologiche. Bisogna capire cosa si intende veramente per salario minimo e quali sono gli strumenti per poter superare i contratti collettivi pirata”.
Ai microfoni di Notizie.com, Gianni Berrino, in Commissione lavoro al Senato per Fratelli d’Italia, in occasione del tavolo che si terrà domani, venerdì 11 agosto, tra maggioranza e opposizione sul salario minimo. “Si deve ragionare anche su come ridare respiro ai lavoratori che percepiscono buste paga troppo basse rispetto al lavoro che fanno”.
Senatore Berrino, governo e maggioranza non sono favorevoli al salario minimo legale.
“Sono certo che la premier non abbia convocato una riunione per perder tempo. Ci si siederà al tavolo con idee differenti. È bene chiarire i lati positivi e negativi del salario minimo. Nella discussione si dovrà tener conto di vari aspetti. Innanzitutto tante volte gli stipendi estremamente bassi sono dovuto al lavori nero. Altre volte invece, a contratti collettivi stipulati con sindacati non rappresentativi al massimo dei lavoratori, spesso in accordo con imprenditori non completamente rispettosi. Infine c’è un altro problema: alcuni datori fanno lavorare i dipendenti per poche ore alla settimana. In questo caso gli stipendi bassi sono dovuti al numero o ore o di giornate lavorate”;
Una delle criticità evidenziate dalla premier Meloni e dal governo è il rischio di una contrattazione al ribasso delle dinamiche salariali.
“Anche a mio giudizio il salario minimo per legge porterebbe a un deterioramento al ribasso del potere contrattuale dei sindacati e quindi dei lavoratori. Devo dar merito ai sindacati che per decenni, pur di portare avanti gli interessi dei lavoratori, hanno sempre trovato un punto di caduta tra margine di profitto e costo del lavoro. Immagino che uno stipendio con salario minimo possa togliere potere a questo tipo di contrattazione”;
Quindi bisogna rafforzare la contrattazione collettiva?
“Penso che si debba lavorare sulla contrattazione collettiva, specie sugli accordi frutto di dumping contrattuale. Inoltre, si deve intervenire su chi lavora ma resta sotto la soglia di povertà. Non penso che un salario minimo per legge a 9 euro possa essere la soluzione a questo. Anche perché a questo punto mi chiedo perché nessuno ci abbia mai pensato prima. E mi pongo anche un altro problema: chi pagherebbe l’aumento a coloro che oggi hanno salari minimi sotto i 9 euro all’ora? In Senato ho fatto l’esempio delle badanti. Queste, con un contratto in regola di 36 ore alla settimana, hanno uno stipendio mensile di circa 1.470 euro al mese, con una paga oraria fissata a circa 7,70 euro. Se dovessimo aumentare il salario a 9 euro, ci sarebbe un incremento dello stipendio di circa il 15%. Chi pagherebbe la differenza? Quanti posti di lavoro perderemmo? In Italia uno stipendio di 1.500 euro è dignitoso. Quindi quale sarebbe il costo? Immagino che il pubblico non possa intervenire per pagare alle aziende parte degli stipendi dei lavoratori. E c’è il rischio che i privati rinuncino a tenere lo stesso personale se gli costasse il 15% in più. Si deve ragionare su questi temi, e sempre nel rispetto dei contratti collettivi nazionali”.