Dopo il sostanziale rifiuto di Giorgia Meloni sul salario minimo, Enrico Borghi ha commentato la posizione di Italia Viva e le circostanze politiche della proposta.
La battaglia sul salario minimo ha caratterizzato le ultime settimane, nelle quali un’opposizione stranamente compatta, ad eccezione di Italia Viva, ha tentato di far sentire la propria sulla questione.
Ora, dopo la prevedibile risposta negativa della maggioranza, Enrico Borghi, senatore di Italia Viva, ha commentato la proposta e lo scenario politico in cui questa è stata portata avanti.
Una proposta come passerella mediatica
Borghi ha messo l’accento sulle dinamiche politiche coinvolte nella proposta del salario minimo che, secondo il senatore, avrebbero allontanato il dibattito politico dallo scopo reale di questo possibile provvedimento: “Destra e sinistra hanno giocato, con una buona dose di cinismo visto che si parla di povertà, una partita di posizionamento dentro una inutile passerella mediatica. Lo sanno tutti che 14 miliardi per finanziare la proposta Conte-Landini non ci sono Quindi diventa tutto tattica. A destra per sterilizzare le tensioni, a sinistra per affermare la teoria del campo largo. Noi diciamo: anziché cercare spazi nei tg, aprite il Parlamento, discutiamo di salario minimo e della proposta Cisl di partecipazione agli utili dei lavoratori, a prima firma Renzi”.
L’emancipazione di Italia Viva dalla lotta per il salario minimo, almeno per come è stato inteso in questo contesto, potrebbe aver indebolito in parte la proposta dell’opposizione, ma non secondo Borghi: “Ci sono due opposizioni. Quella del campo largo, che inneggia alla spesa pubblica addebito, si accredita le patrimoniali sulle banche e rincorre il consociativismo. E poi la nostra, riformista. Che contrasta nel merito il governo e che pensa che modernizzando il Paese si creino le ragioni per la giustizia sociale e la lotta alla povertà”. Borghi parla poi del motivo dell’allontanamento di Iv dalla proposta dell’opposizione, che non è stato causato dal concetto in se, ma dalle modalità scelte per metterlo in atto: “Ci sono tanti modi di fare il salario minimo: non ci convince un impianto dirigista che rischia di aumentare la pressione fiscale e ridurre la contrattazione, è un meccanismo che ha in se il rischio del lavoro nero”.
Il rifiuto di Italia Viva in merito al salario minimo manifesta un evidente volontà di distaccarsi dalla conduzione del Partito Democratico da parte di Elly Schlein: “Noi siamo il centro riformista, distante dai sovranità e dai populisti. In Italia la sinistra modello ‘Fronte Popolare’ si è sempre e solo assicurata l’opposizione. Qualora riscoprisse il riformismo, ritroverebbe la sintonia col Paese. La scelta sta a loro”.