La straordinaria scoperta che potrebbe aprire una nuova finestra conoscitiva sul tema, ancora oggi purtroppo molto poco conosciuto, dell’autismo e soprattutto delle cause che portano a un fenomeno umano oggi purtroppo in aumento. Vi sarebbero infatti due distinte anomalie del neurosviluppo, che insorgono poche settimane dopo l’inizio della formazione cerebrale, che sono state associate alla comparsa di questo disturbo specifico.
Lo ha rivelato uno studio guidato dall’Università di Yale e pubblicato sulla rivista Nature Neuroscience, in cui i ricercatori hanno sviluppato organoidi cerebrali dalle cellule staminali di ragazzi con diagnosi del disturbo.
Gli scienziati hanno affermato che le anomalie specifiche sembrerebbero dettate dalle dimensioni del cervello del bambino. Se fosse così, la scoperta potrebbe rappresentare un valido ausilio per il trattamento e la diagnosi dell’autismo nel futuro prossimo. “È sorprendente che bambini con gli stessi sintomi si ritrovino con due forme distinte di reti neurali alterate”, è quanto dichiarato dalla professoressa all’Harris del Child Study Center della Yale School of Medicine, e coautrice del lavoro, Flora Vaccarino.
Lo studio si è svolto utilizzando cellule staminali, raccolte da 13 ragazzi con diagnosi di autismo. Tra questi vi erano otto ragazzi con macrocefalia, condizioni in cui le dimensioni della testa del bambino, alla nascita, si presentano come particolarmente grandi, pari o superiore al 90° percentile. In questo contesto, i ricercatori di Yale hanno creato organoidi cerebrali, piccole repliche tridimensionali del cervello in via di sviluppo, all’interno di uno strumento di laboratorio, un piatto, che imita la crescita neuronale del feto. Per confrontare in seguito lo sviluppo cerebrale di questi bambini autistici con quello dei loro padri.
La ricerca ha fatto emergere che all’incirca il 20 per cento dei casi di autismo riguarda individui con macrocefalia. Coloro che presentavano questa patologia facevano allo stesso tempo registrare casi di autismo più gravi. Gli stessi mostravano una crescita eccessiva di neuroni eccitatori rispetto ai loro padri, mentre gli organoidi di altri bambini con autismo mostravano un deficit dello stesso tipo di neuroni.
“La capacità di tracciare la crescita di specifici tipi di neuroni potrebbe aiutare i medici a diagnosticare l’autismo, i cui sintomi compaiono generalmente da 18 a 24 mesi dopo la nascita”, sono le conclusioni degli autori dello studio, che potrebbero aiutare a identificare i casi di autismo. Grazie a ciò si potrebbe arrivare “a trarre beneficio dai farmaci esistenti per migliorare i sintomi di disturbi, caratterizzati da un’eccessiva attività eccitatoria dei neuroni, come l’epilessia”, ha detto Vaccarino. “I pazienti affetti da autismo con macrocefalia potrebbero trarre beneficio da tali farmaci, mentre quelli senza cervello ingrossato potrebbero non beneficiarne”.