L’ultimo caso in termini di tempo è quello della bimba di undici anni, che è annegata nel lago di Como.
Prima di lei, un giovane di vent’anni è morto nel lago di Bolsena dopo un tuffo dal pedalò. C’è anche il trentasettenne annegato nel fiume Serio, e ancora un ventinovenne morto nel Lago Maggiore.
La cronaca delle ultime settimane registra più annegamenti in fiumi e laghi che in mare. Ma “i pericoli della balneazione sono legati all’acqua in generale, con qualche particolarità. Non si tratta di fiumi, laghi o mari più o meno pericolosi. Il problema è il mancato rispetto delle regole di prudenza che, o non sono conosciute o vengono ignorate da molti bagnanti”.
Ai microfoni di Notizie.com, il presidente della Società Nazionale di Salvamento di Como, Tiziano Riva, spiega che le regole per una balneazione sicura “sono poche e facili. Le più intuitive sono non entrare in acqua durante la digestione o quando si è troppo accaldati”.
Ma c’è anche un altro aspetto che riguarda i bambini e i ragazzi sotto i quattordici anni: “Devono essere tenuti in custodia”.
Presidente Riva, quali sono le cause principali degli annegamenti?
“Sono principalmente due: lo choc termico e la digestione. Non va fatto il bagno quando l’acqua è più fredda rispetto alla temperatura del corpo e nelle tre ore successive a un pasto. Qualcuno dice che non è vero che dopo mangiato non si possa fare il bagno, ma i medici dicono il contrario”;
I fatti delle ultime settimane raccontano di un numero maggiore di annegamenti. È così?
“Le tragedie sono uguali tutti gli anni e spesso la causa e l’imprudenza. Non c’è prevenzione nelle scuole e non ci sono spiagge pubbliche sorvegliate. Il problema riguarda sia le acque dolci che il mare”;
Chi sono le vittime?
“Principalmente annega chi non sa nuotare o comunque è poco esperto di balneazione. È raro che un nuotatore muoia in acqua, perché conosce i pericoli. So bene che un minimo di rischio c’è sempre, ma non si va all’avventura. Altrimenti è come se si andasse sul Monte Bianco in infradito”;
Il pericolo in montagna viene percepito di più?
“Sì, viene percepito di più il pericolo in montagna. Ma va anche detto che al mare c’è molta più utenza, per questo i casi di persone in pericolo sono di più. Spesso i rischi della balneazione non vengono considerati perché non si conoscono”;
Serve un’informazione maggiore?
“Sì. Innanzitutto servono cartelli più riconoscibili. Spesso non basta una semplice scritta “divieto di balneazione”. Inoltre, bisogna leggerli. I laghi sono pericolosi in alcuni punti perché diventano profondi improvvisamente, ma non è un rischio nascosto. Le amministrazioni, a parte poche eccezioni, non fanno niente”;
Cosa dovrebbero fare?
“Servono più bagnini: quanto vuole che costino rispetto a tante vite che si perdono?”;
C’è carenza di bagnini solo su fiumi e laghi o anche al mare?
“Nel caso del mare, dopo la pandemia si è registrato un calo di candidature da parte dei bagnini. Molti gestori dei lidi si rivolgono a noi perché offriamo corsi di formazione. Tuttavia il problema della mancanza di baywatch riguarda di più i fiumi e i laghi. Al mare spesso ci sono le cooperative di bagnini, con contratti regolari e assicurazione. Ma in altri casi vengono pagati molto poco, nonostante svolgano un’attività rischiosissima perché hanno la responsabilità delle persone. Nel caso di acque dolci, le aree sono quasi completamente abbandonate”;
Può dare qualche consiglio per fare il bagno in sicurezza?
“Le regole principali sono poche e semplici e si possono trovare anche su internet. Non entrare in acqua dopo mangiato o accaldati, conoscere i fondali e il luogo dove si fa il bagno. Se ci si trova in un luogo che non si conosce, bisogna chiedere chiedere a chi è del posto se è pericoloso bagnarsi”.