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Economia

Giovani, pensione a 74 anni? L’economista Brambilla: “Vi dico io…”

Published by
Francesco Gnagni

I giovani italiani rischiano di andare in pensione dopo i 70 anni? Lo spauracchio rappresenta in realtà un problema serio di visione a lungo termine, che se non affrontato rischia di creare un vero e proprio cataclisma nel Paese che verrà. Per l’economista Brambilla, tuttavia, si tratta di una stima poco attendibile, e che impedisce di guardare a quali sono in realtà i veri problemi che abbiamo davanti. 

La soluzione per l’economista è inoltre presto servita. “Credo che prima o poi il governo dovrà riprendere la quota 102, quindi 64 di età e 38 di contributi, per ripristinare una forma di pensione anticipata”.

(Ansa)

Da anni in Italia si va in pensione sempre dopo. Ed è ormai convinzione quasi comune che, per i giovani, la pensione sarà una sorta di miraggio lontano. Eppure il problema è serio e prenderla con spirito non rende di certo un buon servizio al sistema Paese. Specialmente dopo che la ricerca congiunta del Consiglio Nazionale Giovani e del centro studi Eures ha prospettato numeri a dir poco drammatici. 

I numeri sulle pensioni e le possibili soluzioni per i giovani

Si parla di una media di 74 anni, età nella quale i giovani finiranno in pensione. Con pensioni che rasentano la fame, intorno ai mille euro netti. Il presidente del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali Alberto Brambilla, intervistato da Milano Finanza, cerca di scacciare ogni spauracchio. E invita a focalizzarsi sul vero problema italiano: il debito pubblico, e il mancato incontro tra domanda e offerta di lavoro per i giovani.

Oggi l’età di pensionamento è di 67 anni. Anche ipotizzando che l’aspettativa di vita, in una visione ottimistica, aumenti di quattro-cinque settimane all’anno, tra 12 anni arriveremo a 68 anni, tra 24 a 69 e tra 36 a 70. La stima potrebbe essere credibile se, per assurdo, stessimo ragionando in un’ottica che va oltre il 2100″, dice. Mentre nel caso in cui il governo riprenda la quota 102 le cose cambierebbero.

(Ansa)

“Un giovane che iniziasse a lavorare a 24 anni, se riuscisse a mettere da parte 35 anni di contributi o anche qualcosina in meno, potrebbe andare tranquillamente in pensione tra i 65 e i 68 anni. Occorre ovviamente modificare alcune regole della legge Monti-Fornero, che ha spaccato radicalmente la platea dei lavoratori tra misti e contributivi puri”. L’invito finale è rivolto ai giovani stessi, “a iscriversi a scuole che diano uno sbocco lavorativo immediato”. “Bastano i numeri: chi fa queste scuole viene assunto subito a 1800-2000 euro al mese per 13 o 14 mensilità”. 

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Francesco Gnagni