Morte Evgenij Prigozhin, in merito a quanto accaduto l’ex comandante del gruppo dei mercenari Marat Gabidullin ha rilasciato una intervista ai microfoni del quotidiano “La Repubblica”
C’è chi non ha nessun dubbio: dietro l’omicidio di Evgenij Prigozhin c’è l’ombra del presidente russo Vladimir Putin. Quest’ultimo, infatti, non avrebbe per nulla digerito il tentato “Golpe” di qualche settimana fa (durato meno di 24 ore). C’è chi, come l’Intelligence americana, sospetta che all’interno del jet russo che portava dentro il capo della Wagner ed altre nove persone, potesse esserci una bomba. Oppure un missile che ha centrato in pieno il velivolo. Anche in Russia sono partite le indagini, ma allo stesso tempo (come ribadito da Putin) per i risultati ci vorrà molto tempo.
In merito a quanto accaduto ne ha parlato anche uno che la Wagner la conosce molto bene. Visto che è stato un ex comandante del gruppo dei mercenari. Stiamo parlando di Marat Gabidullin. Quest’ultimo ne ha parlato in una intervista che ha rilasciato al quotidiano “La Repubblica” dove ha espresso il suo pensiero. Nel corso della stessa si è soffermato proprio sul leader del Cremlino: “Se Putin pensa di mettere un generale russo alla guida della Wagner il gruppo di mercenari durerà poco. Un altro tentativo di colpo di Stato? Lo escludo. I mercenari non hanno né una guida carismatica né armi pesanti per rovesciare il Cremlino“.
L’ex numero uno dei mercenari è stato anche l’autore del libro “Io, comandante di Wagner”. Al noto quotidiano italiano, però, ha voluto esprimere il suo pensiero in merito alla morte di Prigozhin: “Putin? Può essere complice di quanto accaduto se ha perso il lume della ragione. A lui la Wagner serve, non può fare a meno del lavoro che svolgono in Africa. Tanto è vero che li inserì nella macchina statale. Anche perché è lui che paga i mercenari. Basti pensare che gli stipendi base sono di 2.500 dollari al mese“.
In merito a quanto accadde a giugno, per Gabidullin non era affatto un tentato golpe: “Voleva rimuovere il Capo di stato maggiore e il ministro della Difesa. Per lui si era messa male. Era troppo esposto ai rischi e alle vendette. Non ad opera del Cremlino, ma ai capi delle strutture commerciali e multinazionali che lavoravano con lui in Africa e che ha deciso di depennare“. In conclusione: “Era un uomo d’affari molto capace in quello che faceva, era la differenza“.