Stupro di gruppo a Palermo, anche il regista Marco Risi ha voluto commentare questo episodio che ha sconvolto un intero Paese
Continuano, senza sosta, le indagini da parte degli inquirenti e della Procura in merito all’episodio di violenza sessuale che si è verificato a Palermo. Il tutto accaduto tra il 6 ed il 7 luglio in un cantiere abbandonato del Foro Italico. Vittima una ragazza di 19 anni che è stata violentata sessualmente e fisicamente da un gruppo di sette ragazzi. Gli stessi che non hanno avuto alcuna pietà di lei. In merito a quanto accaduto anche il regista Marco Risi (del film “Il Branco“) ne ha voluto parlare.
Lo ha fatto in una intervista che ha rilasciato all’agenza di stampa ‘Ansa‘. Nel corso della stessa ci ha tenuto a precisare che, purtroppo, questi fatti ci sono sempre stati nel Paese. Anche se ha aggiunto che la situazione è peggiorata per un semplice motivo: ovvero per via della tecnologia che ha permesso di rendere virale tutto. In particolar modo il filmato della violenza. Queste sono alcune delle sue parole a riguardo: “Si insegue l’idea di diventare protagonisti, di essere visti dagli altri, anche negli atti più orribili. Tanto da vantarsene“.
Stupro Palermo, Risi: “Società maschilista, ragazzi dovevano studiare”
La cosa che ha maggiormente impressionato di questa vicenda per il regista è stata la “caccia” al video. Tanto è vero che, su alcune pagine Telegram, più di 2mila utenti hanno fatto questa assurda richiesta. Di poter vedere, con i loro occhi, il filmato della violenza. “Per non parlare della agghiacciante testimonianza della vittima, che conosceva chi ha filmato la sua agonia“. Di conseguenza sono fuoriusciti anche i messaggi che si sono scambiati gli indagati con altri contatti.
“Penso anche a chi ha scritto quell’orribile frase ‘Eravamo cento cani su una gatta’. Sapevano cosa stavano facendo. È l’impunità del branco che scarica la responsabilità individuale dividendola con gli altri. Pur non avendo partecipato, per me chi ha fatto il video è il più vigliacco di tutti“. Risi è convinto che la società in questione è maschilista e che la parola “branco” può essere estesa a più comportamenti, non solo per quanto riguarda gli stupratori.
Poi il regista dà una sua diagnosi: “Se questi ragazzi avessero studiato di più, avessero letto un po’, avessero ‘pensato’ forse non saremmo arrivati a questo. Adesso parlare di pentimento è inutile, quando capiscono oramai è troppo tardi“.