La vicenda in Cile, a conclusione di una vicenda che segna da anni l’opinione pubblica. Oggi terminata con la morte da suicida del generale della dittatura condannato nel caso Jara. Un generale dell’esercito in pensione, Hernan Chacon, che si è suicidato nel momento in cui stava per ricevere la notifica della sua condanna definitiva a 25 anni di carcere per l’omicidio del cantautore della protesta cilena Victor Jara.
L’omicidio, che ha segnato una pagina drammatica della storia cilena, era avvenuto cinque giorni dopo il colpo di stato di Pinochet, l’11 settembre 1973. Appena la polizia è arrivata a casa di Chacon, a Santiago del Chile, la capitale cilena, il militare ha domandato di andare in camera da letto per prendere alcune medicine. Un momento dopo si è sparato.
Chacón, 86 anni, era stato condannato a 15 anni per l’omicidio di Victor Jara e a 10 anni per il suo sequestro. Insieme a lui, militari Raúl Jofré, Edwin Dimter, Nelson Haase, Ernesto Bethke e Juan Jara. Il cantautore ucciso è infatti conosciuto nel Paese come “il Bob Dylan latinoamericano”, e il suo è passato alla storia come un vero e proprio martirio, che durò diversi giorni a causa della sua reclusione all’interno dello stadio Cile, il campo di concentramento che divenne emblema della dittatura Pinochet in cui furono rinchiusi più di 5.000 prigionieri. Venne arrestato il 12 settembre 1973, un giorno dopo il colpo di Stato per essere ucciso pochi giorni dopo. Il suo corpo fu trovato vicino al cimitero metropolitano il 16 settembre.
A Jara vennero deturpati il volto, devastate le mani, fu poi massacrato di botte e infine crivellato con 45 proiettili. La sua morte divenne uno dei crimini più simbolici della dittatura. L’uomo, oltre ad essere un artista, era anche membro del Partito Comunista e collaboratore del governo di Unità Popolare dell’ex presidente socialista Salvador Allende, e la sua vicenda restava oggi come una delle più importanti rimaste in sospeso per la giustizia cilena.
Gli assassini sono stati così condannati dopo ben 50 anni dall’assassinio. La Corte Suprema del Cile ha condannato i sette soldati ormai in pensione con una sentenza chiara e unanime, in cui si è affermato che i fatti riportato “sono reali, poiché si sono verificati in un certo luogo e tempo e sono provati, legalmente accreditati attraverso i mezzi probatori “. Respingendo così gli argomenti della difesa degli imputati contro la sentenza, emessa dalla Corte d’Appello nel novembre 2021, a 25 anni di carcere. Oggi la sentenza definitiva arriva a 15 giorni dalla commemorazione in Cile del cinquantesimo anniversario del colpo di Stato.
La morte di Chacòn si va a sommare alla lista degli altri militari cileni in pensione, condannati per crimini contro l’umanità, che si sono tolti la vita prima di entrare in prigione. Non appena gli agenti della Brigata per i diritti umani della polizia investigativa (PDI) sono entrati a casa dell’uomo, con il fine di notificargli la decisione giudiziaria e trasferirlo in carcere, questi ha deciso di farla finita con un colpo di pistola, come ha spiegato il pubblico ministero Claudio Suazo. Aveva chiesto agli agenti di andare in camera per prendere delle medicine.