Muore a 82 anni l’estremo difensore della mitica nazionale orange di Cruijff: giocò due finali Mondiali, perdendole entrambe: fu il primo tra i pali a fare il “libero”
Un tremendo e improvviso lutto ha colpito il mondo del calcio olandese e non solo. Se ne è andato il mitico portiere dell’Olanda degli anni ’70 Jan Jongbloed all’età di 82 anni. Ha giocato entrambi i Mondiali del 1974 e del 1978 e tutte e due le finali, perdendole entrambe. Era malato da tanto tempo e se ne è andato nel suo modo, in silenzio quasi. Come in silenzio affrontò un infarto di qualche anno fa (avuto durante una partita del campionato olandese e dovette ritirarsi) e soprattutto la morte del figlio nel 1984. Una tragedia immane, visto che tutto successe davanti a lui, mentre era in tribuna a guardare e tifare per il figlio Eric sotto il diluvio, quando all’improvviso un fulmine lo colpì in pieno. E da quel giorno non si è più ripreso.
Chi ama e segue il calcio, ma soprattutto quella meravigliosa nazionale olandese degli anni ’70 guidata da Johan Cruijff non può non conoscere la storia del portiere “tabaccaio“, così veniva chiamato Jan. Era un estremo difensore anomalo per quei tempi sia dal punto di vista tecnico e caratteriale. Anzi è stato lui il primo non solo a precorrere i tempi, ma anche a cambiare il modo di giocare e soprattutto interpretare il ruolo. Jongbloed in quella nazionale giocava da libero vero, usando i piedi e uscendo all’impazzata ogni volta e senza avere paura. Era amico intimo di Johan Cruijff, i due se la intendevano a meraviglia. Come il “cigno” era un taciturno, ma quando doveva parlare, lo faceva in modo chiaro e senza fraintendimenti.
Amava andare a pesca, lo faceva fino a quando c’era il figlio Eric. Da tutti veniva chiamato ed era conosciuto come il portiere “tabaccaio”. E questo perché era il suo mestiere e il negozio di famiglia che non ha mai lasciato perché all’epoca, soprattutto in Olanda (fu proprio Cruijff che cambiò tutto ndr) chi giocava a pallone non era considerato un professionista a tutti gli effetti, quindi Jan per sicurezza per sé e la sua famiglia non ha mai abbandonato la sua tabaccheria. Ogni volta che finiva un mondiale o un campionato è lì che tornava, tra le sigarette e i sigari, altra sua grande passione.
Il suo modo di giocare in porta per alcuni era come comporre “una poesia“, aggressivo e dolce al tempo stesso. In allenamento, nelle partitelle, giocava in porta e ogni tanto si dilettava a fare il centrocampista accanto al suo amico Johan. Pensare che all’inizio la Nazionale gli aveva dato un’occasione nel ’62, ma lui prese gol dalla Danimarca e tutto finì lì. Andava d’accordo con Cruijff perché, non solo aveva un carattere difficile, ma perché voleva vincere sempre, qualsiasi cosa si facesse. Ed era uno che non mollava mai. Un giorno, durante una partita, rimedia una gomitata in faccia, gli salta un dente che gli taglia la lingua. Lui, imperterrito, continua a giocare nonostante esca sangue che tampona con l’ovatta che tiene nella mano. Durante l’intervallo gli mettono 12 punti per ricucire la lingua e lui rientra in campo come se niente fosse. Ma non è tutto. E’ l’unico portiere al mondo dell’epoca che gioca con la maglia numero 8 e questo perché Rinus Michels, il ct dell’Olanda, assegnava le maglie in ordine alfabetico e non per ruoli, l’unica eccezione, neanche a dirlo, era per la 14 di Cruijff.