Al via la vendemmia, ma quest’anno tra tante incertezze. La Puglia punta però sulle sue eccellenze, come spiega Mauro Di Maggio, già presidente del Consorzio di Tutela del Primitivo di Manduria, direttore di cantine rinomate e tra i principali esperti del settore, intervistato dalla Gazzetta del Mezzogiorno. Di Maggio ha infatti spiegato che “quest’annata sarà un po’ di crisi, forse la più difficile delle ultime, ma contribuirà alla pulizia dello scenario produttivo”.
Se infatti da un lato le piogge abbondanti hanno offerto stimoli positivi, dall’altra si sono verificati altri tipi di problematiche. Di conseguenza, c’è bisogno di ragionare sul futuro del settore con una visione più ampia, che coinvolga anche le risorse che può offrire la sinergia tra imprenditoria e politica.
In sostanza, solo credendo veramente nella forza del proprio prodotto sarà possibile emergere in un contesto difficile come quello che si presenta oggi. Quest’anno, spiega infatti Di Maggio, “la vendemmia delle uve bianche è cominciata un po’ in ritardo rispetto allo scorso anno”, a causa dei “forti caldi, umidità e piogge durante la primavera”.
La situazione, ha proseguito, da un lato ha “ricostituito la riserva idrica dei terreni reduci da due annate molto secche”, mentre però “dall’altra ha esposto i vigneti ad attacchi crittogamici che li stanno falcidiando”. Per via delle piogge infatti i produttori pugliesi si sono trovati davanti malattie della vite come Peronospora e Oidio, capace di danneggiare duramente sia i germogli che le foglie e i grappoli.
Per quanto riguarda invece le previsioni sul futuro, per Di Maggio “si avrà sempre più una viticoltura passionale ma di precisione”, dove “non ci sarà spazio al fai da te o peggio ancora a interventi approssimativi”. Da cui emergeranno inevitabilmente le eccellenze e le diversità. Se infatti fino si è puntato su “un’immagine un po’ monolitica della Puglia, con il Primitivo con vini ed etichette assai simili, adesso si punterà alle eccellenze e alle espressioni vitivinicole dei singoli territori”, ha commentato.
Il punto che l’esperto cerca di mettere in luce, in conclusione, è che per produrre bene nel nostro Paese non serve di certo farsi la guerra a vicenda, ma al contrario c’è un grande bisogno di fare squadra in vista di un’obiettivo comune, quello cioè di promuovere le eccellenze del nostro territorio. “Le nostre aziende da sole, eccetto poche, non hanno la taglia per fare mercato”. Perciò “c’è bisogno di coesione reale tra il mondo politico e quello imprenditoriale dell’uva e del vino”.