Ecco la tanto chiacchierata testimonianza dell’ex presidente davanti alla Corte di Assise, ci sono i “non ricordo” ma anche tante precisazioni, rivelazioni e documenti
Le parole di Giuliano Amato a Repubblica hanno sollevato un bel polverone, anche perché l’ex presidente del Consiglio della Repubblica italiana è andato giù duro nei confronti della Francia e anche del sistema militare dell’epoca. Parole che hanno fatto discutere e creato polemiche a non finire, anche perché l’ex presidente della Corte Costituzionale è un personaggio di spicco e di riferimento del nostro paese anche riconosciuto a livello internazionale e quel “la Francia deve chiedere scusa” ha rischiato di creare e alzare un bel muro con la Francia. Subito Amato è stato attaccato e in tanti hanno fatto riferimento all’udienza che lo stesso Giuliano Amato ha reso l’11 dicembre del 2001 dinnanzi alla Corte di Assise di Roma dove, qualcuno sostiene, che l’ex presidente si rifugiò in tanti “non ricordo“. Ed è vero che ci sono, ma non sono così tanti come si pensa anzi Amato ha parlato per oltre un’ora e quaranta minuti ed è stato piuttosto circostanziato nelle sue parole e anche accuse nei confronti di chi portava avanti determinate tesi.
Siamo nel 2001, è l’11 dicembre siamo daanti alla Corte di Assise di Roma. Dopo la sentenza del 1999 del giudice Rosario Priore che portava avanti la tesi del missile con tanto di prove documentali, questo è il processo contro i militari italiani accusati di aver depistato le indagini a proposito della presunta “battaglia aerea” sulla scena del disastro di Ustica, processo che in appello si concluse con l’assoluzione degli imputati, la maggior parte per prescrizione, perché secondo i magistrati il fatto non sussisteva. Quel giorno davanti ai giudici della Corte di Assise c’è Giuliano Amato, all’epoca era senatore e la sua testimonianza è piena di rivelazioni, prese di posizione e anche diversi “non ricordo”, ma non sono così tanti come si sta dicendo in questi giorni. Amato, ad esempio, è cristallino nel ricordare bene, con tanto di documenti, quando scrisse prima a Chirac, primo ministro francese durante la fase calda, e poi anche al presidente Usa Clinton con toni duri. “A Chirac – si sente nella registrazione del processo durante la testimonianza di Amato – gli scrissi una lettera, ma non ho avuto risposta da lui direttamente, sono stato rimandato dalle procedure di rogatoria, anche perché da autorità francese si è sempre negato che ci fossero navi francesi in quel momento e in quel 27 giugno (Amato si corregge non era settembre 2001 ma settembre 2000) ho la risposta di Chirac, con il contenuto che lui stesso scrive che la verità deve essere riconosciuta, affermo sostegno da parte della Francia a fare ogni luce nonostante 14 rogatorie dal 6 luglio 90 al 18 dicembre del 97“.
“C’era la frenesia di dire che era cedimento strutturale per far fuori Itavia a vantaggio di Alitalia, assurdo”
Amato ha parlato per oltre un’ora e quaranta minuti davanti ai giudici della Corte e ha risposto a tutte le domande dei magistrati, ma anche a quelle degli avvocati dei militari e della parte civile. “Queste rogatorie, che avevano come oggetto di rispondere al giudice Priore – ha detto Giuliano Amato in udienza – con l’ultima risalente al 27 gennaio del ’99 (pocoi prima della sentenza). Chirac mi scrisse anche che ‘capisco la giustizia italiana, ma c’è una cooperazione bilaterale. Scrissi anche un’analoga lettera a Clinton, ma la lettera riguarda più temi anche se riguardo a Ustica gli Stati Uniti, diceva il presidente americano che hanno assistito la giustizia italiana in tutte le loro forme e abbiamo risposto a ogni domanda dei magistrati e non abbiamo ulteriori spiegazioni, non ci fu alcun coinvolgimento americano nella tragica situazione dell’Itavia, mi rispose il presidente degli Usa“.
Giuliano Amato viene incalzato dagli avvocati dei militari imputati nel processo e lui stesso, senza mai puntare il dito nei confronti di nessuno in particolare, descrisse il suo scenario senza mezzi termini e senza esprimere alcun dubbio: “Circolavano le ipotesi ed erano quelle tre (cedimento strutturale, bomba e missile ndr), ma nell’86, per fortuna, quella del cedimento strutturale non lo prendeva in esame più nessuno, così rimasero la bomba e il missile. C’era la frenesia di dire che era cedimento strutturale per far fuori Itavia (cosa che avvenne ma che poi venne totalmente risarcita per quanto fatto credere ndr) a vantaggio di Alitalia, non capisco neanche il motivo, visto che era una piccola compagnia e l’altra aveva un monopolio dominante. Ricordo bene il documento del Sismi dove veniva negato, intervento dei militari, ma erano i soliti appunti del sismi, sa io allora propendevo per l’ipotesi del missile ma era una mia idea anche suffragata da fatti e documenti che avevo letto, poi mi arrivavano appunti da parte del Sismi che io, secondo i servizi, stavo cadendo vittima di una campagna giornalistica, ma non c’era nessuno elemento di fatto, erano delle opinioni espresse da chi aveva scritto l’appunto, ed era Martini (direttore Sismi), un dirigente dei servizi che aveva sempre avuto dubbi sul missile. Insomma il Sismi mi teneva informato delle loro opinioni, ecco la verità non stava facenado attività investigativa“.
“C’erano dei dubbi sull’Ifremer per recuperare il relitto perché era un’azienda francese e poteva avere interessi…”
Giuliano Amato poi racconta davanti ai giudici come si è arrivati alla decisione di far recuperare il relitto all’azienda francese Ifremer e spiega davanti alla Corte di Assise: “C’erano tante polemiche in quel momento, una ditta americana ci propose di andarlo a recuperare e ci chiese per tutto una cifra che si aggirava su oltre 10 milioni di euro, ma ci rinunciammo e andammo dai francesi, anche se circolava un po’ di diffidenza perché non solo erano francesi ma perché potevano avere i loro interessi“.
E qui c’è una spiegazione. Le operazioni di recupero iniziarono l’8maggio del 1986. La ditta francese Ifremer, che verrà poi accusata di essere legata ai servizi segreti d’Oltralpe, comincia le operazioni di recupero della carcassa del DC9 adagiata a 3.600 metri sul fondo del Tirreno. Il recupero si concluderà in parte nel maggio del 1988. Verrà recuperata anche una delle due scatole nere, il Cockpit Voice Recorder, che “registra le comunicazioni radio con terra e quelle interne al velivolo”. L’analisi permetterà di ascoltare l’ultimo frammento di parola “Gua…”, parola pronunciata dal pilota tre minuti dopo l’ultima comunicazione con Ciampino.
“L’ipotesi della bomba non aveva alcun senso se poi si andava a parlare con la Libia e con la Francia…”
Giuliano Amato non si ferma, in questa fase dice almeno tre volte “non ricordo” riferito ad alcuni documenti che due avvocati della difesa cercano di trovare riferiti alla Commissione Luzzatti, ma poi riparte con pochi dubbi riferiti a quello che è il suo pensiero: “Non feci nulla nell’attesa del recupero del relitto da sotto il mare, anche perché se il recupero avesse testimoniato a favore dell’esplosione interna, ovvero della bomba, non aveva nessun senso andare a parlare a quattr’occhi con i francesi i libici soprattutto. Io mi ero formato l’opinione del missile e bastava cercare nel relitto, dove c’era più di una conferma che una smentita. Certo ulteriori iniziative e conferme in tal senso avrebbero avuto un senso come speravo in modo univoco, allora a quel punto il governo italiano avrebbe esercitato tutta la forza persuasiva necessaria per andare da quei paesi e dire loro: allora guardiamoci negli occhi. Questo per me era il percorso che si doveva e si deve fare (parole pronunciate anche all’epoca e riferite al 2001 ndr), non c’erano iniziative utili da prendere senza il relitto…”