La scuola italiana affronta un periodo difficile a causa della denatalità e della dispersione scolastica.
Un rapporto di Save the Children registra un calo di iscrizioni e quest’anno cominceranno la prima elementare 71mila alunni in meno. Non rassicurano neanche i dati del Ministero dell’Istruzione e del Merito, secondo i quali in cinque anni c’è stato un calo dell’11,3% di bambini che frequentano le scuole primarie. Anche le iscrizioni alle scuole secondarie di I grado sono diminuite del 6,3%. Il problema non interessa ancora le scuole secondarie di II grado, che registrano un aumento del 2,7%.
“Il dato è preoccupante. La denatalità è un effetto della mancanza di interventi sufficientemente efficaci, anche se non siamo all’anno zero. Non ci sono stati abbastanza aiuti a favore della genitorialità e dei giovani che decidono di formare una famiglia”. Così, in un’intervista a Notizie.com, Irene Manzi, capogruppo Pd in Commissione cultura alla Camera.
La seconda causa del calo di iscrizioni è la dispersione scolastica, che è “un dato allarmante perché si tratta di una perdita diretta di futuro nel nostro Paese”, aggiunge. “Quello che più preoccupa è che anche le ultime misure adottate dal governo non produrranno effetti positivi rispetto all’abbandono della scuola. Vanno messi in campo progetti didattici mirati e di ampio respiro, adottando misure strutturali e tenendo in considerazione i contesti sociali più difficili, dove il fenomeno è più diffuso. Sono necessari anche sostegni all’istruzione per dare maggiori opportunità ai ragazzi”.
In Italia ci sono pochi asili nido
“Il nido è un’occasione importante per la crescita e la formazione dei bambini, ma allo stesso tempo rappresenta un’opportunità per le madri di programmare la loro vita professionale. Se non si investe anche su questo si rischia di perpetuare le differenze sociali. Il Pnrr aveva posto due obiettivi importanti, sia rispetto agli asili nido che alla lotta ai divari e alla povertà educativa, quindi alla dispersione scolastica. Un obiettivo da perseguire in questo senso è coinvolgere le comunità scolastiche. Per prendere le decisioni ci si basa su statistiche nazionali, ma vanno anche creati percorsi partendo dal basso, attraverso il confronto con le esigenze locali. I dati percentuali non sono in grado di rispondere alle esigenze di certe realtà”;
Nel dl Caivano sono previste pene fino a due anni di carcere per contrastare la dispersione scolastica
“Vanno evitati interventi dettati solo dall’emotività come nel caso del dl Caivano. Nel Nord e nel Sud Italia ci sono tante periferie che risentono di problemi legati alla dispersione. Non si tratta solo di aumentare le sanzioni o minacciare i genitori di andare in carcere, ma di agire sul piano sociale creando un’alleanza educativa come i Patti di comunità. Lo Stato deve coinvolgere scuole, enti locali, associazioni, parrocchie, terzo settore e luoghi di aggregazione di giovani. Non serve mostrare solo il volto minaccioso e sanzionatorio, si deve intervenire anche nei confronti delle famiglie, per creare consapevolezza e dar loro sostegno”.