Giancarlo Siani, il fratello Paolo a Notizie.com: “In 38 anni per i “muschilli” si è fatto poco o niente”

La sera prima di morire, Giancarlo scrisse l’ultimo articolo sui muschilli. Parlava di un bambino mandato dalla nonna a vendere la droga perché non era imputabile”.

Il 23 settembre del 1985 il giornalista Giancarlo Siani venne ucciso dalla camorra. A condannarlo a morte furono le ricerche che stava facendo sulla ricostruzione post-terremoto dell’80, in particolare sugli appalti che avevano arricchito politici, imprenditori e camorristi.

Nel suo articolo pubblicato su Il Mattino il 10 giugno 1985, scrisse che l’arresto di Valentino Gionta era il prezzo pagato dai Nuvoletta per evitare una guerra con il clan Bardellino. I camorristi non potevano sopportare che un giornalista alle prime armi li facesse passare per infami. Così decisero di ucciderlo.

Giancarlo Siani, il fratello Paolo a Notizie.com: "In 38 anni per i "muschilli" si è fatto poco o niente"
Giancarlo Siani, il fratello Paolo a Notizie.com: “In 38 anni per i “muschilli” si è fatto poco o niente” (Ansa Foto) – notizie.com

Ai nostri microfoni, il fratello di Giancarlo, Paolo Siani, pediatra ed ex deputato del Pd, pone l’accento sul futuro delle nuove generazioni. Oggi, dopo 38 anni dalla morte del giornalista, c’è più consapevolezza del problema, ma non si fa niente per prevenirlo, investendo sui giovani.

Siani li chiamava muschilli, erano i bambini usati dalla camorra per fare consegne soprattutto di droga. “In quell’articolo, manco fosse un presagio, si chiedeva quale futuro potessero avere questi ragazzini. Ma in questi anni per loro cosa si è fatto? Poco o niente”, dichiara Paolo Siani.

Nei quartieri terra di nessuno non c’è futuro e non ci sono investimenti per cambiare la vita di questi giovani e dar loro una speranza diversa. Anche per questo diventano, ancora oggi, la manovalanza della camorra. Perché non si riesce ad arginare il fenomeno?
Si è fatto troppo poco sulla prevenzione. Quest’anno abbiamo portato avanti una battaglia sugli asili nido che sono troppo pochi. A Torre Annunziata sono il 2%, ma da vent’anni si dice che devono essere circa il 33%. Sono il 2% anche con i fondi del Pnrr, che invece servivano a ridurre le disuguaglianze. È evidente che un bambino che nasce a Torre Annunziata in un contesto difficile, non ha la possibilità di scegliere un’altra strada, perché non la vede. Nessuno investe su di lui, a partire proprio dagli asili nido. Anche a Caivano sono circa l’1,8%: la politica non ha capito che per arginare il fenomeno bisogna togliere le nuove leve alle mafie”;

Nei contesti sociali che cita c’è anche la dispersione scolastica.
Asili nido e dispersione scolastica sono collegati. Se un bimbo che nasce in un contesto difficile non va a scuola presto e non viene seguito nel percorso, a un certo punto non ci andrà più. L’ipocrisia della società di oggi è che ci accorgiamo di loro solo quando delinquono. Ma un quattordicenne che spara a un coetaneo, di certo ha già dato segni di malessere prima, senza che nessuno abbia mai fatto niente. Certo, qualcosa è cambiato, ma le città del Sud non hanno capito che investire sull’infanzia è un affare. I Paesi del Nord Europa invece, lo hanno capito”;

Intervista di Notizie.com a Paolo Siani
Intervista di Notizie.com a Paolo Siani (Ansa Foto) – notizie.com

Dopo la repressione della mafia servono investimenti.
Sì, un ragazzino che ha un futuro davanti lo segue, di certo non va a vendere la droga. Serve una decisione politica: il Paese per dieci anni deve investire sull’infanzia con servizi adeguati, finanziamenti alle famiglie, servizi messi in rete, una regia pubblica che orienti e utilizzi al meglio le risorse del territorio. Insomma, un patto per l’infanzia che coinvolga scuola, famiglia e sanità”;

La memoria di Giancarlo Siani è sempre viva.
Quest’anno sono ancora una volta piacevolmente meravigliato di quanto sia vivo il ricordo di Giancarlo, è commovente. In questi giorni sono stato a San Giovanni a Teduccio, nella periferia Est di Napoli, alla Fondazione di Maria. I bambini di dieci anni parlavano di lui come se fosse stato uno di loro, anche se non l’hanno mai visto. Questo significa che siamo riusciti a tramandare questa immagine di Giancarlo per 38 anni. Una marea di persone ha visto il film Fortapasc, ha condiviso i suoi ricordi sui social. Non era affatto scontato, anzi era più facile che mio fratello venisse dimenticato. Era un ragazzo giovane, un giornalista precario di provincia, non un magistrato. Invece ogni anno mi meraviglio, c’è sempre qualcosa in più”;

Trent’anni fa non si parlava della camorra come fenomeno anche sociale.
Sono testimone di questi trentotto anni nella mia città. All’epoca quando andavo nelle scuole per parlare di Giancarlo Siani e di legalità, i presidi mi rispondevano che non era un tema di cui l’istruzione doveva occuparsi. Oggi invece, non c’è scuola che non ne parli e che non mi chiami per ricordare Giancarlo. Anche dal punto di vista giudiziario tutto è cambiato. I capimafia sono in carcere e la repressione del fenomeno ha fatto passi da gigante”. 

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