La Cassazione Civile, sezione Lavoro, ha respinto nei giorni scorsi il ricorso del capo del personale di una Fondazione che opera nell’ambito del mondo del teatro palermitano contro il licenziamento per giusta causa disposto dal suo datore di lavoro per avere “tenuto un comportamento offensivo nei confronti delle due lavoratrici”
Una sentenza della Cassazione Civile, sezione Lavoro, che farà giurisprudenza e alla quale, potrebbero rifarsi (c’è da supporlo) altre cause in corso.
Cosa ha stabilito nello specifico questa sentenza? Che si possa licenziare per una pacca sul sedere o per apprezzamenti nell’ambito professionale, se questi sono stati compiuti da un datore di lavoro nei confronti di una o più colleghe. Ma capiamo con esattezza a cosa come sono andati i fatti che hanno portato alla decisione. Lui ha provato ad argomentare così la propria difesa: voleva colpire con la sua mano la schiena e non il sedere della collega. Secondo episodio: apprezzamento sul “sedere giovanile” di una sua subordinata. Espresso in ambito “cameratesco”. La donna faceva fotocopie, mica voleva la sua mortificazione!
Licenziato per pacca sul sedere e apprezzamenti a colleghi. La sentenza della Cassazione
Ma la Cassazione Civile, ha appunto respinto nei giorni precedenti il ricorso presentato dall’uomo. Si tratta del capo del personale di una Fondazione che opera nell’ambito del mondo del teatro palermitano. Il ricorso era stato presentato contro il licenziamento per giusta causa disposto dal suo datore di lavoro per avere “tenuto un comportamento offensivo nei confronti delle due lavoratrici”. La Suprema Corte dunque accolto la tesi della Corte d’Appello sull‘”eclatante offensivita’ delle condotte contestate. Messo nero su bianco dunque, che una mano sul sedere o ancora peggio la richiesta di mostrare il fondo schiena “giovanile”, sia tutto tranne che un gesto rispettoso della dignità della persona, della professionalità delle lavoratrici.
Le donne in generale, le due donne nel caso specifico, non sono di certo abituate a ricevere tali attenzioni. Quindi i fatti, ora condannati col licenziamento, hanno suscitato nelle due lavoratrici imbarazzo e umiliazione mentre avrebbero solo voluto svolgere in pace e in tranquillità il proprio lavoro.