La nuova scossa di magnitudo 4.0 avvertita ieri a Napoli che ha avuto come epicentro i Campi Flegrei, non preannuncia certamente un’eruzione, ma fa aumentare l’allerta nell’area.
Si è registrata a una profondità di tre chilometri, rientra nel fenomeno del bradisismo, che caratterizza la zona vulcanica ed ha dato vita a un nuovo sciame sismico. Negli ultimi mesi le scosse sono sempre più frequenti e per questo istituzioni e cittadini sono preoccupati.
Mentre dopo la riunione della Commissione grandi rischi è stato annunciato un decreto ad hoc sull’emergenza, abbiamo chiesto a Giuseppe Mastrolorenzo, vulcanologo, primo ricercatore dell’Ingv, cosa sta succedendo. “Il problema non si presenta solo oggi. Il rischio nei Campi Flegrei è permanente e lo denuncio da anni: serve un piano di emergenza”.
Il piano di emergenza attuale non è efficace?
“Il piano esistente è previsionistico e definito sullo scenario sub-pliniano, come Pompei del ’79 dC. La sicurezza della popolazione è basata sull’ipotesi di poter prevedere un’eruzione. Ci sono quattro livelli di allerta e un piano di evacuazione. Questo è anche possibile, ma serve un piano B nel caso in cui non si riesca a prevederla. Il rischio sismico, ovviamente, è un problema e va valutata la stabilità degli edifici. Ultimamente tutti hanno concordato, sindaci, presidente della Regione e il ministro Musumeci, sul fatto che si deve rifare. Dico da molti anni che il piano attuale è sbagliato nelle fondamenta, ora anche il capo della Protezione civile ha dichiarato che è da aggiornare”;
Come dovrebbe essere il piano di emergenza secondo lei?
“Sulla base dell’evidenza vulcanologica, della difficoltà di prevedere un’eruzione, delle caratteristiche della stessa e sulla base della conformazione della caldera, suggerisco di prevedere la possibilità di evacuare nel corso dell’eruzione. La popolazione dovrebbe essere esercitata ed informata, dovrebbe essere realizzato tutto il sistema di soccorso, assistenza e vie di fuga per un trasferimento rapido di qualche ora a una distanza di 20 chilometri. Se non si verificasse un’eruzione estrema, non sarebbe una difficoltà enorme allontanarsi nelle prime ore. Questo tipo di piano è fondamentale perché, anche se si riuscisse a prevedere l’eruzione, servirebbe un piano B”;
I cittadini hanno paura di non essere informati abbastanza sul rischio dei Campi Flegrei.
“Il livello di informazione ai cittadini è basso perché la realtà della conoscenze scientifiche non è adeguata per rassicurarli. Si pensa sempre che la scienza possa spiegare tutto, ma purtroppo il vulcano è un sistema complesso e non prevedibile. Alcuni scienziati rassicurano, ma a torto”;
Si spieghi…
“Non c’è da rassicurare né da allertare. Si deve procedere per quello che è il rischio reale e permanente con un piano di emergenza: non ci sono alternative. Certo, i terremoti indicano che in questo periodo c’è maggiore dinamica, ma questo non implica necessariamente un’eruzione. Le crisi bradisismiche del passato si sono concluse quasi tutte. Solo nel 1538 sono culminate con l’eruzione del Monte Nuovo ed è l’unico esempio che abbiamo disponibile. Quindi c’è la preoccupazione che questa crisi possa non rientrare. E se fosse simile a Monte Nuovo ci sarebbe un’eruzione esplosiva. Inoltre, non sappiamo dove potrebbe eruttare: la criticità della caldera è anche che non sappiamo quale sarà la bocca”;
Quanto è pericolosa un’eruzione esplosiva?
“Il problema è la scala. C’è la possibilità che si verifichi un’eruzione freato-magmatica, dovuta al contatto tra magma e acqua. Si genera quando il magma in risalita attraverso fratture non individuabili perché molto piccole, incontra gli ultimi chilometri costituiti da rocce porose e permeabili. L’interazione tra il magma a mille gradi e la roccia fredda con fluidi che circolano all’interno, genera l’eruzione freato-magmatica. Le eruzioni dei Campi Flegrei sono per la maggior parte di questo tipo”.