In una intervista che ha rilasciato al ‘Quotidiano Nazionale’ è intervenuta l’esponente di ‘Italia Viva’, Raffaella Paita
Uno degli argomenti principali di quest’ultimo periodo non può che essere quello relativo al salario minimo. In particolar modo allo stop da parte del Cnel in merito al testo presentato dalla sinistra. Su questo tema ha voluto esprimere il proprio pensiero Raffaella Paita. L’esponente del partito ‘Italia Viva‘ ne ha parlato in una lunga intervista al ‘Quotidiano Nazionale‘. Queste sono alcune delle sue parole a riguardo: “Lo stiamo dicendo dal mese di agosto che per fare le leggi c’è un luogo deputato, che si chiama Parlamento.
Che la proposta sarebbe stata bocciata era chiaro. È il Cnel, che, come è noto, fosse stato per noi, avremmo abolito: lo prevedeva la riforma costituzionale del 2016. Fra l`altro che la proposta di salario minimo Landini-Conte-Schlein fosse piena di contraddizioni era sotto gli occhi di tutti“. Sull’emergenza salari bassi: “Nessuno lo nega che ci sia. Abbiamo un triste primato: in Europa siamo tra i Paesi con il costo del lavoro più alto e con le buste paga più basse”.
Salario minimo, Paita fa chiarezza: “Ecco cosa serve”
Una intervista che è continuata in questo modo: “Non si tratta di 9 euro o di salario minimo di per sé. La criticità maggiore è costituita dall`articolo 7 della proposta a prima firma Giuseppe Conte, quella che prevede l`istituzione di un fondo pubblico per finanziare il salario minimo. In pratica, più tasse per i cittadini. Per noi è qualcosa di inaccettabile: il ceto medio già non ce la fa più, gravarlo di nuove tasse sarebbe un disastro“.
Qual è la soluzione? “Si dovrebbe avere una visione di insieme. Salari certo, lotta al lavoro povero, ma anche abbattere seriamente le tasse sul lavoro. E poi la sanità. Nella Nadef, il governo immagina un taglio di 1,8 miliardi di euro. La povertà non si combatte solo pensando ai salari, ma anche ai servizi“.
In conclusione ammette: “Renzi ha depositato come primo firmatario la proposta della Cisl che prevede appunto la partecipazione agli utili delle imprese. Consentirebbe di migliorare il reddito dei lavoratori aggiungendo alla parte fissa rappresentata dai salari o dagli stipendi una parte variabile derivante dalla partecipazione agli utili. Non solo: tenderebbe anche a favorire un coinvolgimento anche economico dei lavoratori ai risultati di impresa”.