Dal fotomontaggio di Cristiano Ronaldo che sventola la bandiera palestinese a video di vecchie guerre riproposti: la disinformazione dilaga
La guerra tra Israele e i palestinesi si combatte da ormai 15 anni, e va avanti anche sui social media tra fake news, immagini, vere e finte, e polarizzazioni. Gli hashtag sul tema ottengono milioni di visualizzazioni. I post invece, spesso, si riducono a proclami di tifosi. Nelle ultime ore ha fatto discutere quanto accaduto su X (il vecchio Twitter). Infatti con l’arrivo di Elon Musk sono cambiate diverse regole: la piattaforma spinge i contenuti degli utenti che pagano l’abbonamento premium a 8 dollari al mese e che hanno quindi acquistato una spunta blu, mentre gli account verificati di fonti affidabili sono penalizzati. Molti dei dipendenti impegnati nel fact checking sono stati licenziati e le policy di sicurezza sono cambiate.
«L’attacco a Israele era il primo vero test per il Twitter di Elon Musk ed è clamorosamente fallito», ha detto a Bloomberg Mike Rothschild, studioso di teorie del complotto e fake news. La Ue ha quindi inviato al patron di X una lettera, firmata dal commissario del mercato unico Thierry Breton, in cui lo diffida dal diffondere «contenuti illegali e disinformazione». La richiesta è quella di rispondere alle contestazioni che gli sono state mosse in 24 ore, minacciando anche sanzioni.
Il giornalista della Bbc Shayan Sardarizadeh, esperto di debunking, ha postato una impressionante sequenza di immagini false: una schermata del videogioco Arma 3 è stata spacciata per un attacco aereo di Hamas, un video girato al Cairo lo scorso settembre è diventato un lancio di terroristi-paracadutisti sul suolo israeliano. C’è anche un video di una presunta pioggia di razzi di Hamas, ma è in realtà la guerra in Siria del 2020. Ci sono foto di Cristiano Ronaldo che sventola una bandiera palestinese, ma è un fotomontaggio ovviamente.
Come se non bastasse, lo stesso Musk ha suggerito di seguire la crisi mediorientale sugli account @WarMonitors e @sentdefender. Alcuni tra i suoi 160 milioni di follower, però, gli hanno fatto notare che si trattava di profili antisemiti. Non va meglio nemmeno su TikTok, dove sono tantissimi i video che inneggiano alla propaganda palestinese, ripostati anche da giovanissimi europei o americani. L’hashtag #freepalestine colleziona 12,7 miliardi di visualizzazioni. In Germania la Verfassungschutz, l’Ufficio federale per la protezione della Costituzione, servizio di intelligence interno, ha lanciato un allarme sulla diffusione dell’antisemitismo online e sulla «Tiktokizzazione del Salafismo». «È chiaro chi sia l’aggressore. È Israele», scandiva sabato Mohamed Matar, imam della moschea Dar as-Salam di Berlino, prima che il suo profilo venisse chiuso. «Adoro vedere queste cose», ha scritto il salafita Arafat Abou-Chaker, 250 mila follower su Instagram e 62 mila su TikTok, riferendosi a una mappa di Israele in cui erano segnalati gli attacchi di Hamas.