“Devono intervenire mediatori importanti, oppure dovremo aspettare altri morti, sperando che almeno si mettano in atto le vie di fuga per i civili. E dopo il cessate il fuoco, vedere se riprenderanno fiato le posizioni più moderate che sono presenti sia tra i palestinesi sia tra gli israeliani, altrimenti un dialogo sarà difficile”.
In esclusiva a Notizie.com, Marco De Nicolò, della Società italiana per lo studio della storia contemporanea (Sissco) e professore di storia contemporanea all’Università di Cassino, fa un’analisi della questione israeliano-palestinese dopo l’escalation degli ultimi giorni.
Professore, come si è arrivati ad oggi?
“Si è arrivati ad oggi con una storia alle spalle piuttosto intensa: quattro guerre, tre intifade e un numero incalcolabile di attacchi terroristici. Ma anche attraverso tentativi andati a buon fine, come le risoluzioni Onu per l’accordo su sue Popoli e due Stati, gli accordi di Camp David del ’78 sotto l’egida del presidente Usa Jimmy Carter, gli accordi di Oslo I e II del ’93 e ’95 con Bill Clinton come padrone di casa. La storia è di lungo periodo, e sembra non trovare soluzioni di continuità nel conflitto, anche perché le parti più intransigenti e fondamentaliste animano continuamente una radicalizzazione da entrambi i versanti”;
Dopo l’attacco di Hamas, Israele risponderà con violenza…
“Di fronte a questo terribile attacco di Hamas, ci sarà la risposta legittima di Israele. Auspico che questa non sia sopra una misura tale da rinfocolare odio e vendette che rischierebbero di radicalizzare ancora di più e dare ancora più forza ad Hamas. Secondo me i fondamentalismi si alimentano l’uno con l’altro”;
Si riferisce ai gruppi terroristi?
“La situazione oggi è complicata. Se interverranno gli Hezbollah dal Sud del Libano il quadro si complicherà ulteriormente. Lo stesso avverrà se si muovesse qualcosa in Cisgiordania, dove l’autorità nazionale palestinese è più forte. Hamas è più forte sulla striscia di Gaza. È significativo che ci sia stato un attacco soltanto da Hamas e non dalla Cisgiordania. Tuttavia, sia l’idea di cancellare l’esistenza dei palestinesi sulla striscia di Gaza, sia la politica che vorrebbe la cancellazione dello Stato di Israele sono idee folli, che non fanno altro che rafforzare gli avversari che si vorrebbero distruggere”;
Quello a cui stiamo assistendo è l’ennesimo focolaio o ci sarà una vera e propria guerra?
“Spero che ci sia la possibilità di un canale umanitario che porti via i civili dalla Striscia di Gaza, anche perché è uno dei posti della Terra più densamente popolati e conta più di 1 milione e 700mila abitanti. Credo che sia necessario provvedere ai profughi che sono intrappolati nella Striscia e che si crei un corridoio per salvarli. Anche perché quello è un territorio facilmente controllabile da Israele. Per gli israeliani è difficile entrare dentro Gaza, ma è facile che un intervento radicale, ritorsivo e violento possa seminare molti morti tra i civili”;
Una risoluzione è possibile?
“È difficile. Il primo progetto di creare due Stati per due Popoli risale al 1937, non molto vicino ai giorni nostri. E nonostante i pronunciamenti più volte ribaditi, siamo ancora lontani dal punto di vista della concretizzazione di questa possibilità. Soprattutto perché ci sono due forze che si prefiggono la completa distruzione dell’avversario. Fino a che restiamo in questo quadro, certamente sarà difficile pensare a una pacifica convivenza di lunga durata. Bisogna vedere quali saranno le reazioni delle altre forze internazionali. Credo che la cosa più ragionevole sia trovare potenze mediatrici gradite a entrambe le parti e portare la questione nelle sedi internazionali preposte. Senza le vie diplomatiche dovremo aspettare altri morti, sperando che almeno si mettano in atto le vie di fuga per i civili. Poi, dopo il cessate il fuoco, vedere se riprendono fiato le posizioni più moderate, che sono presenti sia tra i palestinesi sia tra gli israeliani. Senza di loro sarà difficile il dialogo”;
Il punto di riferimento è l’Onu.
“Il punto di riferimento per prendere decisioni in sede internazionale è l’Onu. Ma l’Onu in questo momento ha un Consiglio di sicurezza che non garantisce soluzioni unitarie a causa della contrapposizione tra Stati Uniti d’America e Federazione russa”;”;
Oggi la Russia ha invocato lo stop all’uso sproporzionato della forza in Medio Oriente. Ma appoggiando Israele in questa guerra, Putin potrebbe trarre vantaggi per la situazione in Ucraina?
“Putin può trarre vantaggio da questo perché se Israele chiedesse un aiuto militare, non ritengo che gli Stati Uniti abbiano la forza per sostenere due fronti così importanti, specialmente se il conflitto dovesse complicarsi e dal Sud del Libano l’offensiva di Hezbollah fosse più consistente. Per quanto riguarda lo scenario internazionale, dipende da quanto i media se ne occuperanno senza dimenticare la guerra in Ucraina. Entrambi gli scenari vanno tenuti sotto osservazione tutti i giorni, e lo stesso vale per l’Africa”;
Ci sono interessi che riguardano non solo la Russia ma anche l’Iran.
“Sì, questo conflitto ha frenato le trattative per gli Accordi di Abramo, cioè il riconoscimento anche da parte dell’Arabia Saudita di Israele e gli accordi militari sottesi a quell’intesa. Si sa che l’Iran è uno dei finanziatori di Hamas, così come degli Hezbollah. Bisogna capire – e lo capiremo tra qualche tempo – se dietro questo attacco ci sia la mano dell’Iran o se sia avvenuto in modo spontaneo e poi si sia aggiunta tanta violenza covata da anni”;
Il governo Netanyahu ha dimostrato di non essere così tanto invincibile.
“Credo che quanto accaduto sia un fallimento del governo Netanyahu, che era basato sulla sicurezza ma non ha saputo garantirla. Spero ora che la risposta di Israele non sia sproporzionata perché altrimenti non si farebbe altro che alimentare il radicalismo fondamentalista che a Gaza è già molto forte”.