In una intervista che ha rilasciato al quotidiano “Libero” è intervenuta Eugenia Maria Roccella. L’attuale ministra per la Famiglia e le Pari opportunità ha affrontato vari temi
Per la Roccella non ci sono assolutamente dubbi: uno degli argomenti su cui la sinistra intende attaccare è quello relativo alla “famiglia tradizionale“. Tanto da ribadire di non capire assolutamente questo “ossessivo bisogno di aggettivazioni”. Tanto è vero che per lei si tratta di una etichetta utilizzata da chi vorrebbe liquidare quella che è semplicemente la famiglia su cui sono fondate la comunità umana e la successione solidale delle generazioni.
Insomma, come se la sinistra volesse smontarla. Queste sono alcune delle sue parole a riguardo: “Siamo tutti figli di un uomo e una donna. Questo nessuno lo può negare né modificare. A prescindere dalla procreazione, la nuova frontiera è la frammentazione della genitorialità”. Ovvero? “La paternità e la maternità vengono sbriciolate attraverso la tecnologia: si prende a pagamento un ovocita da una parte, un gamete maschile da un’altra, e poi si cerca una donna che presti l’utero“.
Insomma, non un modello accettabile dalla ministra e dal resto del governo. “La vera ideologia non è la difesa della famiglia, ma questo bisogno di applicare, a tutto una definizione, un modello ortopedico“. Poi risponde alle accuse: “Veniamo criticati di voler difendere da quello che tutti abbiamo vissuto e dalla quale proveniamo. Impossibile che questo modello salti. Non ci sono alternative. Una realtà che non lede la libertà di nessuno“.
Un modello di famiglia che, a dire il vero, sta affrontando una vera e propria crisi. Tanto è vero che la ministra non lo nega affatto: “Soprattutto perché le famiglie sono sempre più fragili e sempre più esposte. Basti pensare che ormai il 30% dei nuclei familiari in Italia è costituito da una persona sola, basti pensare al crollo della natalità. Ma questo non significa che ci siano ‘modelli’ alternativi, perché in realtà è proprio sbagliato parlare di ‘modelli’”.
Sulla famiglia queer aggiunge: “Non è altro che una delle forme di rapporti fra persone che sono state sperimentate già negli anni Settanta con le cosiddette comuni. In alcune realtà lo Stato non può certo intromettersi. Noi forniamo un quadro giuridico di riferimento e che riguarda la tutela dei figli e la continuità fra le generazioni”.