Era tra gli ingegneri dell’impianto nucleare sovietico e quel drammatico 26 aprile del 1986 è stato tra i primi ad accorrere alla centrale dopo l’esplosione
Il 75enne Viktor Smagin, era un ex ingegnere della centrale nucleare di Chernobyl e fu tra i primi soccorritori dopo l’esplosione del reattore nel famoso disastro, si è tolto la vita nella sua casa di Mosca, perchè, a quanto risulta in una lettera destinata alla famiglia, non riusciva più a sopportare il ritorno della malattia causata dagli effetti dell’avvelenamento da radiazioni subito.
Il disastro di Chernobyl fu un incidente nucleare avvenuto il 26 aprile 1986 nella centrale nucleare Lenin in Ucraina, quando fallì un test di sicurezza del reattore numero 4. E’ considerato il più grave incidente nucleare della storia, classificato come livello 7 della scala INES, insieme a Fukushima del 2011. Rilasciò una quantità di radiazioni elevatissima, almeno 100 volte di più delle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki.
Non ce l’ha più fatta! Dopo anni di patimenti psicologici per quello che era stato costretto a sopportare, sette operazioni e enormi problemi di salute, alla scoperta dell’ennesima forma tumorale dentro il suo corpo, non ha resistito e si è tolto la vita. Uno degli ultimi eroi ancora in vita di Chernobyl, Viktor Smagin, ex ingegnere 75enne, si è suicidato nella sua casa di Mosca lasciando una struggente lettera d’addio. Fu suo malgrado uno dei primi “liquidatori”, gli addetti alle primissime operazioni di disinnesco di quello che restava del reattore nucleare numero 4 dopo l’esplosione devastante che cambiò per sempre la vita della città e di tutti quelli che la abitavano. Il giorno della tragedia di Chernobyl, Smagin avrebbe dovuto sostituire un collega a lavoro alle 8 del mattino. Ma all’1.30 di notte il reattore numero quattro della centrale esplose e uscendo sul balcone del suo appartamento al 14esimo piano, l’uomo vide la devastazione dell’impianto e corse subito a dare una mano, anche in qualità della carica di supervisore che ricopriva.
Viktor Smagin sarà ricordato per la generosità del suo gesto che lo ha reso uno degli ultimi eroi viventi di Chernobyl, ma quello che ha fatto ha avuto conseguenze devastanti per il suo organismo e il suo corpo. E per quasi 40 anni ha dovuto convivere con le conseguenze di quella scelta sulla sua salute. Da allora ha subito sette operazioni per una diagnosi terribile: cancro da radiazioni. Ogni anno i medici prescrivevano a Smagin cure in centri speciali, senza riuscire mai a superare la malattia. All’ennesima diagnosi ricevuta con la scoperta di un ulteriore tumore nel suo corpo non ha resistito e si è gettato dal 14 piano del palazzo dove viveva lasciando strazianti memorie rileggendola oggi. “Il giorno dopo l’esplosione, la popolazione di Pripyat fu evacuata ma la stazione non poteva essere lasciata incustodita. Pertanto il personale visse nella città ancora per qualche giorno”, scrive l’ingegnere, “quasi nessuno si è arreso, anche se è stato spaventoso. Su 5.000, un massimo di sei o sette persone sono fuggite. E questo nonostante tutti fossero professionisti e sapessero perfettamente cosa fossero le radiazioni”. Ma resta in lui un enorme rammarico. “Il personale fu incolpato di tutto, ma questo incidente, ovviamente, ha rovinato il destino di tutti”, ha scritto ancora nelle sue memorie. “Ho sofferto di malattie da radiazioni, ho ricevuto uno stigma per tutta la vita”. Smagin ha chiuso la sua lettera d’addio con l’ultimo pensiero rivolto ai sui cari. “Miei cari: Larisa, Dima e Sveta! Ora è il momento di salutarci. Grazie mille per gli anni che abbiamo vissuto insieme. È stata felicità. Mi dispiace!”.