Riforma governo Meloni, adesso cambia tutto sui senatori a vita: cosa successe in passato?
La nuova riforma del governo targato Giorgia Meloni parla fin troppo chiaro: non ci saranno più senatori a vita. Tanto è vero che è stato imposto lo “stop” definitivo in questa vicenda. Ovviamente non sono mancate assolutamente le polemiche. Tantissime critiche sono piovute in merito al famoso articolo 59 della Costituzione. Basti pensare che, in passato, Luigi Einaudi ne indicò addirittura 8 (compresi Toscanini, Trilussa e Sturzo).
Invece Oscar Luigi Scalfaro, testimone del dibattito in Assemblea costituente, non ne nominò nessuno: “La norma costituzionale indica nel numero massimo di cinque“, queste furono le sue parole. Invece Giovanni Gronchi è stato il primo a ‘allargare’ il senso della Costituzione oltre il “campo sociale, scientifico, artistico e letterario” tanto da scegliere un politico, si trattava dell’ex presidente del Senato Giuseppe Paratore.
Quando, invece, toccò a Sandro Pertini in quella occasione il Quirinale non voleva alcun tipo di imposizione. Tanto è vero che chiese un parere al Senato (a capo Francesco Cossiga) e indicò 5 nomi (Valiani, De Filippo, Ravera, Bobbio, Bo). Dopo anni Cossiga fece lo stesso nominandone cinque (Spadolini, Agnelli, Andreotti, De Martino e Taviani). Anche se le polemiche più accese videro, come protagonista, proprio lo stesso Cossiga.
Senatori a vita, arriva il “no” dalla riforma governo Meloni: quante polemiche nel passato
Basti pensare che nel 2006, quando al governo c’era Romano Prodi, l’ex premier ottenne la fiducia soprattutto grazie ai senatori a vita. Apriti cielo visto che, proprio al Senato, scoppiò il putiferio: fischi, insulti e molto altro dal centrodestra al momento del voto. Cossiga scrive a Silvio Berlusconi e denuncia il gesto da parte di un gruppo di parlamentari appartenenti alla Casa delle Libertà.
“Il governo Berlusconi ottenne la fiducia per un solo voto, a garantirla tre senatori a vita: Giovanni Agnelli, Francesco Cossiga e Giovanni Leone. Nessuna accusa di immoralità ci fu rivolta né dalla sinistra né da te!“.
Polemiche che si verificarono anche nel nominare senatore a vita altri personaggi politici come lo stesso Silvio Berlusconi o Umberto Bossi. Una votazione che ha sempre fatto discutere nelle Camera. Senza dimenticare il “sì” alla fiducia di Agnelli fino ad arrivare a quello di Liliana Segre (quando al governo c’era Giuseppe Conte).
Nel ’49 Arturo Toscanini scrisse così ad Einaudi: “Schivo da ogni accaparramento di onorificenze, titoli accademici e decorazioni, desidererei finire la mia esistenza nella stessa semplicità in cui l’ho sempre percorsa“. Un ‘no’, invece, arrivò da Nilde Iotti: “Qui sono stata chiamata ripetutamente dai colleghi, qui resto per rispettarne la volontà’“. In conclusione ci fu Montanelli che si rivolse a Cossiga (che voleva nominarlo) in questo modo: “Ti prego di rinunziare a questo proposito per non mettere me nella spiacevole condizione di un rifiuto“.