Eleggere il premier dà solo apparentemente stabilità e garanzia di governabilità. E il Ddl Casellati così com’è scritto tende a rafforzare la figura del presidente del Consiglio ma non i contropoteri.
È la tesi di Salvatore Curreri, professore di diritto Costituzionale dell’Università Kore di Enna, che ai microfoni di Notizie.com spiega quali sono le criticità del premierato, che il Consiglio dei ministri ha approvato e che ora dovrà essere affrontato in Parlamento. “La riforma ha il suo perno sull’elezione diretta del presidente del Consiglio, che nonostante eletto direttamente si continuerebbe a chiamare così. Già questa è una stranezza”, esordisce.
Professore Curreri, cosa non va in questa riforma?
“Il primo problema sta nel fatto che a questa forte legittimazione del premier eletto non corrispondono pari poteri. In pratica avremmo un presidente del Consiglio molto forte all’entrata perché scelto dai cittadini, che poi sarebbe debole nell’esercizio dei suoi poteri, a partire proprio dall’investitura”;
Perché sarebbe debole?
“Innanzitutto perché si sottoporrebbe al voto di fiducia del Parlamento. Questa è una stranezza perché come avviene a livello locale e regionale, quando il capo dell’esecutivo è eletto direttamente non c’è bisogno del voto di fiducia. Trova infatti la forza nel corpo elettorale. Inoltre non avrebbe il potere di scegliersi i ministri. Al contrario, il primo ministro ha questi poteri anche quando non eletto, pensiamo alla Spagna o alla Germania. Ma il problema sta soprattutto nella gestione delle crisi di governo, perché non avrebbe il potere di sciogliere le Camere, cosa che funge da deterrente per evitare le crisi”;
Il ribaltone rischierebbe di mettere Meloni nella condizione di guardarsi sempre le spalle. È così?
“Prevede che il premier possa essere sostituito da un altro soggetto della sua stessa maggioranza che si impegnerebbe a portare avanti il programma elettorale. Chi lo sostituisce poi, sarebbe paradossalmente più forte, perché a quel punto non potrebbe essere sostituito. A me sembra una soluzione debole, che mette a rischio premier di subire iniziative da parte di forze politiche della sua stessa maggioranza, dalle quali non potrebbe difendersi”;
La riforma dice che l’eventuale sostituzione debba avvenire nell’ambito della maggioranza.
“Sì, ma non è così nei fatti. Quale sarebbe il limite, il programma elettorale? Nel nostro Paese sono vaghi ed eterei, generici e confusi. E chi dovrebbe decidere sul rispetto di questo limite? Il Parlamento. Quindi non ci sarebbe alcun controllo”;
In pratica sta dicendo che a differenza di quanto ritiene l’esecutivo, questa riforma non crea stabilità.
“Io credo di no, perché il premier non è in grado di governare i contrasti nella sua maggioranza. L’unico strumento che ha per riuscire a metterla in riga è lo scioglimento. La causa della nostra instabilità è che le nostre maggioranza sono di coalizione. Questa riforma prevede che il premier eletto abbia la maggioranza in Parlamento, ma non fissa alcuna soglia minima. La Corte Costituzionale dice che può esserci un premio di maggioranza ma non deve essere esagerato ed ha bocciato il porcellum e l’italicum per questo. Qui si prevede un premio di maggioranza ma non una soglia minima per aggiudicarselo. Inoltre, non si prevede nemmeno un limite di mandati”;
Nemmeno la durata del mandato di cinque anni crea stabilità?
“Non basta scrivere che un premier duri cinque anni. Il premier dura cinque anni se ha la fiducia delle Camere. In caso di crisi interne come si difende? Con la sfiducia costruttiva? Ma non c’è”;
Gli articoli sul presidente della Repubblica non vengono toccati, ma le opposizioni ritengono che con questa riforma il Quirinale perda potere. È così?
“Ho la sensazione che, soprattutto perché si è scelto di non toccare i poteri del presidente della Repubblica almeno formalmente, si sia delineata una figura del premier solo apparentemente forte, ma debole nei fatti, che però in qualche modo incide sugli equilibri costituzionali. Perché la sua legittimazione diretta porterebbe a un restringimento dei poteri del presidente della Repubblica”;
Faccia un esempio.
“I poteri del premier e del presidente della Repubblica sono inversamente proporzionali. I poteri del Capo dello Stato non vengono toccati apparentemente, ma di fatto gli si inibisce la gestione delle crisi di governo, impedendogli soluzioni come governi tecnici o di unità nazionale, di larghe intese, che al nostro Paese sono serviti per gestire momenti complessi come la pandemia nel 2022 col governo Draghi o la crisi finanziaria del 2011 col governo Monti”;
Professore, la riforma non indebolisce il ruolo del Parlamento, ma non lo rafforza nemmeno.
“Credo che il Parlamento sia in uno stato comatoso, vittima dell’abuso della decretazione d’urgenza. Se già da ora il Parlamento sconta questo eccessivo protagonismo del governo che si manifesta attraverso la delegazione legislativa, figuriamoci cosa sarà domani quando il premier potrà far valere la sua legittimazione elettorale per portare avanti le sue iniziative. Temo che il Parlamento, già oggi abbastanza marginale, lo sarà ancor di più, perché sarà chiamato semplicemente a ratificare le scelte governative”;
Ma è il Parlamento che legittima il governo, non viceversa.
“Eh certo, dovrebbe essere il contrario. Inoltre, un sistema di governo è tale perché dovrebbe esserci equilibrio tra i poteri. Noi già oggi abbiamo un sistema di fatto squilibrato perché il Parlamento non riesce a fare ciò per cui è votato perché si limita a ratificare la conversione dei decreti legge. Se rafforziamo i poteri del presidente del Consiglio dovremmo rafforzare anche i contropoteri”;
Si spieghi…
“Se si volesse rivedere la nostra forma di governo, ci si dovrebbe preoccupare anche di rafforzare i contropoteri del presidente della Repubblica, della Corte Costituzionale, dell’opposizione e del corpo elettorale tramite il referendum. Tutto ciò non viene fatto e non si affronta il tema della riforma del bicameralismo e non si riforma il Senato. Si interviene apparentemente in maniera chirurgica sul presidente del Consiglio, ma se non si rafforzano anche i contropoteri il sistema si sbilancia”;
In questo contesto rientra anche il tema di una nuova legge elettorale?
“Certo, è il punto di caduta di tutto. Anche nel progetto di riforma è scritto che ci sia una legge elettorale che assicuri la maggioranza al presidente del Consiglio eletto, come avviene a livello regionale e locale. Questo meccanismo va trasportato a livello nazionale e anche in questo caso ci sono punti non chiariti ma decisivi. Come ho detto prima, il quorum minimo per aggiudicarsi il premio di maggioranza, che significa decidere se l’elezione del premier è a turno unico o a doppio turno. Questa è una scelta politica, perché il turno unico avvantaggia il centrodestra che si presenta sempre unito alle urne. Il doppio turno potrebbe agevolare il centrosinistra. Il discorso elettorale è fondamentale perché è lì che si riveleranno le scelte strategiche delle forze politiche. La legge elettorale definisce il quadro politico e stabilisce le condizioni per governare”.