In una intervista che ha rilasciato al quotidiano “La Repubblica” è intervenuto il generale Mario Mori. Lo stesso che ha rivelato alcuni importanti rivelazioni che riguardano i servizi segreti
Sono passati ben 50 anni. Un numero decisamente importante. Gli stessi che ha trascorso vivendo da spia. Ovviamente ci stiamo riferendo a Mario Mori. Il generale ne ha parlato al quotidiano “La Repubblica“. Approfittando anche di parlare del suo nuovo libro di memorie intitolato “M.M. Nome in codice Unico“. Nel corso dello stesso ha rivelato molti contenuti fino ad ora sconosciuti e che faranno decisamente molto discutere.
Queste sono alcune delle sue dichiarazioni a riguardo: “Combattere la criminalità organizzata non è come arrestare i ladri di polli. Con pericolo personale andai a proporre a Ciancimino di collaborare e di parlare con i capi mafia per convincerli a consegnarsi. Come sempre in questi casi, offrivamo garanzie sul trattamento delle famiglie“. Non solo: in merito alla strage che vide come vittima il giudice Paolo Borsellino bisogna andare più a fondo nell’indagine mafia e appalti.
La stessa che, come ha ribadito lo stesso Mori, è stata nascosta dopo la sua morte. “Il procuratore capo di Palermo, Giammanco telefonò la domenica mattina a Borsellino, poche ore prima dell’attentato a via D’Amelio, per comunicargli che gli affidava le indagini sulla provincia di Palermo. Strano, no? Non poteva dirglielo il lunedì in ufficio?“. Giammanco che morì nel 2018, ma nessuno in questi anni gli ha posto domande interessanti su quanto accaduto. Ci tiene a precisare: “La mia è una constatazione prima che un’accusa“.
Servizi segreti, Mori: “Ecco cosa diede il Pci a Dalla Chiesa”
Non solo, nel corso dell’intervista rivela anche di aver assistito ad un incontro che ha visto protagonisti Ugo Pecchioli, ex ministro dell’Interno del Partito Comunista ed il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. In merito a ciò venne decisa l’infiltrazione di un giovane del Pci nelle Br.
“Ricordo che era la fine del 1979. Fui testimone silente di un dialogo che in alcuni momenti fu condotto quasi in dialetto piemontese. L’infiltrato aveva nome in codice “Fontanone”, non l’ho mai conosciuto né tantomeno visto. Pecchioli chiese come unica condizione che fosse infiltrato e poi esfiltrato, come poi accadde. Ci aiutò a smantellare mezza colonna romana delle Brigate Rosse“.
In conclusione ha rivelato qualche aneddoto anche su Aldo Moro: “Venne ucciso dalle Brigate Rosse. Su Mario Moretti, all’epoca capo delle Br, girano molte leggende, ma era un brigatista. Non è lui la figura ambigua. Chi, invece, ho sempre considerato un brigatista anomalo Giovanni Senzani. Su di lui ho moltissimi dubbi“.