Nell’inchiesta per frode fiscale a carico di undici società, Reti Ferroviarie Italiane spa è ritenuta parte offesa
Blitz della guardia di finanza di Milano, che ha frenato un giro importante di illegalità in cui c’era di mezzo anche la mafia. Sono stati sequestrati oltre 10 milioni di euro per frode fiscale a carico di undici società. Queste si trovavano già da tempo coinvolte in una grande inchiesta precedente, che nel febbraio 2022 aveva portato a 15 arresti. L’ipotesi principale riguarda le presunte infiltrazioni della ‘ndrangheta nei lavori sulla rete ferroviaria italiana.
Le indagini che sono state svolte avevano accertato che un gruppo di persone vicine “alla cosca di ‘ndrangheta denominata Nicoscia-Arena di Isola di Capo Rizzuto (Crotone)”, ha effettuato per anni attività di manutenzione della rete ferroviaria usando “una fitta rete di aziende pseudo-metalmeccaniche a loro riconducibili con sede tra Varese, Verona e Crotone, molte delle quali intestate a prestanome, di fatto prive di una struttura aziendale“. Il tutto solamente tramite alcuni “contratti di distacco di manodopera e contratti di nolo a freddo dei mezzi“. In particolare queste società che sono state fermate avevano come “unico scopo la somministrazione di manodopera alle undici imprese assegnatarie delle ingenti commesse dalla principale stazione appaltante d’Italia, Reti Ferroviarie Italiane spa“, sostiene la parte offesa nell’inchiesta.
Il filone precedente delle indagini, portate avanti nello specifico dai nuclei di polizia economico-finanziaria della guardia di finanza di Varese, Milano e Verona, aveva portato proprio all’arresto di 15 persone, poi condannate in primo grado. Queste infatti avrebbero fatto parte dello stesso “contesto associativo ‘aggravato dall’agevolazione mafiosa‘”, oltre che poi anche al sequestro di un totale di 6,5 milioni di euro. Tra tutte le persone già condannate ci sarebbero anche i fratelli Aloisio. I quattro sarebbero formalmente imprenditori ma, secondo quanto sostiene l’accusa, sono “contigui alla ‘ndrangheta“: Maurizio Aloisio è stato condannato a 7 anni, Antonio a 6 anni e mezzo, Francesco a 4 anni e 8 mesi e Alfonso a 4 anni e 2 mesi.
Nella seconda e successiva tranche di indagini è stato ricostruito “il milionario circuito di fatture false emesse” dalla rete di società “cartiere” a “copertura dei contratti di somministrazione di manodopera specializzata e noleggio mezzi” per tutte le undici società attive nel settore dell’armamento ferroviario. Tutto ciò sarebbero stato realizzato al “fine di eludere la vigente normativa antimafia e le limitazioni in materia di subappalto di commesse pubbliche“. Si tratta infatti di un meccanismo che avrebbe permesso agli indagati di evadere Iva e Ires per oltre 10,2 milioni di euro, sequestrati poi dalla guardia di finanza che è stata capace di fermarli.