Piras, sopravvissuto a Nassiriya e la foto-simbolo della strage

Il militare della Brigata Sassari che venne immortalato in un atto di disperazione torna a parlare: “In quell’immagine c’era e c’è la mia disperazione”

Vent’anni che non si dimenticano. Immagini che sono sempre scolpite nella testa, nell’anima e soprattutto nel cuore. Per il militare Mattia Piras, il soldato che venne immortalato nella foto (qui sotto) che divenne il simbolo della strage dell’attentato di Nassiriya in quel maledetto 12 novembre del 2003. Ci sono state le celebrazioni, per Piras è stata una giornata difficile, complicato come lo sono tutte quelle che si susseguono da quel 12 novembre. Tra commemorazioni e ricordi, tra dichiarazioni e lacrime, per questo ragazzo, un militare della Brigata Sassari, rivedere tutte insieme quelle immagini, risentire le interviste del primo giorno e rivivere il dolore del funerale dei colleghi, non è stato facile.

Il simbolo
La foto-simbolo che è diventata l’immagine di Nassiriya dove c’è Mattia Piras che si dispera per l’attentato appena subito (Twitter Notizie.com)

Mattia è sposato da 16 anni ed è un papà affettuoso. La sua disperazione in quella foto fece il giro del mondo e ogni volta che ripensa a quanto è successo, è un susseguirsi di emozioni, di brividi e di ricordi. Di amici e compagni che sono morti in un giorno maledetto da un attentato vile e infame. Solo una volta aveva parlato, Piras di quella foto e torna a farlo col quotidiano Il Messaggero: “I dolori si sono sommati, mi è sembrato di riviverli tutti insieme. La tragedia di quel giorno, ma non solo, perché negli anni purtroppo ce ne sono state anche altre. Quando arriva la ricorrenza i momenti duri si rivivono tutti insieme. Una specie di frullatore“.

“Quella mattina ero in ufficio, ma non nella base Maestrale…”

La commemorazione
Un carabiniere che fa vedere la targa dedicata alle vittime di Nassiriya (Twitter Notizie.com)

Il giorno dell’attacco, ricordi sparsi e dolorosi. Tanto dolorosi: “Eravamo lì da un mese e siamo rimasti per altri tre. Non abbiamo mai pensato di arrenderci o di tornare indietro. Quello era il momento del bisogno e non potevamo abbandonare“. Una mattina come tante altre quel 12 novembre maledetto, il ricordo di Mattia Piras: “Ero in ufficio, ma non nella base Maestrale. Lavoravo nell’ufficio della pubblica informazione e insieme al colonnello Gianfranco Scalas accoglievamo i giornalisti e ci occupavamo della sicurezza. Due dei nostri colleghi sono morti“.

E poi il ricordo della foto, quel momento che è sempre dentro la testa e il cuore di Mattia Piras: “Era sera, erano appena iniziate le operazioni di bonifica. Si faceva la conta dei danni, delle perdite. Era già buio. Infatti in quello scatto si intravede la luce del faro. Cosa c’era dentro di me in quel momento? Tutto. Chi mi conosce sa che anche nei momenti di difficoltà cerco sempre di trovare un sorriso. Ma in quel momento ero alle prese con un dramma inimmaginabile. I ragazzi uccisi dai terroristi lavoravano con me ed erano miei colleghi anche i feriti. Non avevo mai messo in conto di affrontare una situazione simile

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