A parlare e a spiegare la sua tesi è il commissario Ue al Lavoro che prova a dare un consiglio a chi governa che va in un’altra direzione
Salario minimo anche dall’Europa. E’ il monito e il consiglio che arriva anche dalla Ue direttamente al Governo. E a darlo è Nicolas Schmit, commissario europeo responsabile del Lavoro che al quotidiano La Stampa avvisa: “Anche se la direttiva europea non lo impone, l’Italia avrebbe bisogno di introdurre un salario minimo per legge visto che in molti settori i livelli sono inadeguati”. A dicembre il dirigente europeo verrà in Italia per discutere con Confindustria e con il Parlamento l’esigenza e la necessità di garantire “stipendi decenti”.
Pensare che la Bce ha fatto un quadro piuttosto positivo per quel che riguarda il mercato del lavoro europeo, come se il periodo negativo d’inizio 2023 sia quasi alle spalle: “Un paradosso perché, anche se l’economia europea è a un livello di crescita molto debole, l’occupazione resta sostanzialmente uguale. E questa è certamente la buona notizia. Però ce n’è anche una meno buona“. E la spiegazione di Schmit è abbastanza semplice: “La carenza di manodopera, qualificata ma non solo. Questo ora è il grande tema. Ci sono settori in cui serve manodopera non particolarmente qualificata, come quello alberghiero o della ristorazione”.
“Dopo i tagli dovuti alla pandemia, i lavoratori non sono tornati per aver trovato condizioni migliori”
“Dopo i tagli dovuti alla pandemia – ha spiegato Nicolas Schmit provando a fare un’analisi su quanto è accaduto nel lavoro e in diversi settori -, i lavoratori non sono più tornati perché hanno trovato altro a migliori condizioni. Difficoltà ci sono anche nel settore trasporto stradale, o in quello delle costruzioni. Altri settori, come quelli delle alte tecnologie, del cyber o del green-tech, faticano a trovare lavoratori perché non c’è un’adeguata formazione“.
Una soluzione potrebbe anche essere l’apertura dei flussi migratori regolari, quello che da tempo sostiene e sta cercando di portare avanti il governo Meloni, anche se le difficoltà non mancano: “Nel settore sanitario ci sono grandi carenze, specialmente tra gli infermieri. Molti Paesi stanno ricorrendo all’importazione di manodopera. Bisogna però fare uno sforzo sulle riserve che abbiamo nel nostro mercato del lavoro, tra i disoccupati che continuano a esserlo perché non sufficientemente qualificati. I servizi pubblici per l’impiego devono essere molto più proattivi. Giusto aprire i flussi, ma bisogna anche formare i migranti che sono già sul territorio per dare loro l’opportunità di inserirsi. C’è poi un problema legato alle donne che riguarda in particolare Paesi come l’Italia“.