In merito a quanto sta accadendo in Israele sono arrivate le parole da parte dell’ex ministro e vicepremier, Giulio Tremonti
Il conflitto in Israele è arrivato al giorno numero 48. Una situazione che preoccupa non solo il Medio Oriente, ma soprattutto l’intera Europa. In merito a quanto sta accadendo sono arrivate le parole dell’ex ministro e vicepremier, Giulio Tremonti. Il politico ne ha parlato in una intervista che ha rilasciato ai microfoni del quotidiano “Corriere della Sera” in cui ha voluto esprimere il proprio pensiero a riguardo. Senza dimenticare anche la sua analisi su come si sta comportando l’Europa.
Per Tremonti, appunto, questa è una guerra alla globalizzazione: “Non che il conflitto di Putin sia diverso. Il tutto è stato fatto in nome della tradizione imperiale contro i costumi occidentali. Questo modello è una utopia. Il presidente americano Biden dice agli israeliani di non fare gli stessi errori che hanno fatto loro nel corso dello storico attentato dell’11 settembre alle Torri gemelle”.
Su Afghanistan, Siria, Libia e Iraq dice la sua: “Non puoi sostituire quattro stati con la Striscia di Gaza. Oggi Israele verifiche che essere in guerra con uno Stato gli risulta facile, esserlo con un popolo diventa molto più difficile. Questa è la trappola in cui gli israeliani sono stati spinti“.
Sempre nel corso dell’intervista ha voluto menzionare un episodio che si è verificato proprio pochi giorni fa, ovvero quello in merito all’importante incontro che ha visto come protagonisti sia gli Stati Uniti D’America che la Cina. Non è affatto un mistero che tra i due Paesi ci siano delle ruggini rimasti in sospeso. Questa volta, però, la collaborazione è molto importante. In tutto questo, infatti, il vicepremier vuole vedere qualcosa di positivo.
“In tutta questa vicenda qualche buona notizia c’è. In merito all’incontro di San Francisco tra USA e Cina si potrebbero aprire dei nuovi spiragli. Nel caso in cui il mondo dovesse tornare ad essere internazionale allora ci sono buone speranze sul fatto che possa esserci una luce in merito“. Allo stesso tempo, però, invita l’Europa in generale a darsi una mossa: “In questo modo al tavolo diplomatico puoi stare in due modi, con il nome sul segnaposto o come pietanza scritta sul menù. Questo è il destino se non cambia”.