E’ durato meno di mezz’ora il faccia a faccia tra Filippo Turetta, accusato della morte di Giulia Cecchettin, e il Giudice per le indagini preliminari
Doveva essere il giorno del faccia a faccia tra Filippo Turetta, lo studente universitario di 21 anni, in carcere con l’accusa di aver ucciso la sua ex fidanzata Giulia Cecchettin ed averne poi occultato il cadavere, e il gip di Venezia Benedetta Vitolo. Ma il faccia a faccia, è durato pochissimo. Dopo neanche mezz’ora infatti, il giudice per le indagini preliminari ed il Pubblico Ministero Andrea Petroni, hanno già abbandonato il carcere di Verona.
L’interrogatorio è iniziato intorno alle ore 10.00 e alle 10.30 i due inquirenti sono usciti. Molto probabile che Turetta abbia preferito avvalersi della facoltà di non rispondere. Da valutare se abbia o meno rilasciato delle dichiarazioni spontanee davanti al giudice e al pm. Il legale dell’indagato, non è invece ancora uscito dal carcere. L’avvocato Giovanni Caruso ha specificato che non presenterà istanza al Riesame per chiedere la scarcerazione o una misura meno afflittiva per il giovane.
Le parole sul Riesame il prof. Caruso le ha pronunciate, ha spiegato “per rettificare o precisare – ha detto – alcune notizie che ho letto oggi“. “Anticipo che non verrà presentata alcuna richiesta al Riesame verso l’ordinanza di custodia in carcere, nè verranno chiesti affievolimenti della misura in corso di esecuzione”, ha concluso il legale.
Quello di Giulia Cecchetin è “un omicidio “aggravato dallo stalking”. A dichiararlo è l‘avvocato Nicodemo Gentile, legale di fiducia di Elena Cecchetin, sorella di Giulia. “Filippo Turetta ha dimostrato di essere un ‘molestatore assillante’, infatti, il suo comportamento, come sta emergendo da più elementi da noi già raccolti, è connotato da plurime e reiterate condotte che descrivono ‘fame di possesso’ verso la nostra Giulia”, si legge in una nota. “Un assedio psicologico che aveva provocato nella ragazza uno stato di disorientamento e di importante ansia. Un uso padronale del rapporto che ha spinto il Turetta prima a perpetrare reiterate azioni di molestie e controllo, anche tramite chiamate e messaggi incessanti, e poi, in ultimo l’ omicidio, al fine di gratificare la sua volontà persecutoria”