“Ci sono cose che vengono prima del processo, se sei un uomo”. Andrea Delmastro non ha dubbi: “Non mi dimetto, dimostrerò la mia innocenza”.
Il sottosegretario alla Giustizia di Fratelli d’Italia è stato rinviato a giudizio dal gup di Roma nell’ambito del procedimento che lo vede accusato di rivelazione di segreto d’ufficio per la vicenda di Alfredo Cospito, l’anarchico detenuto al 41bis che nei mesi scorsi ha protestato con lo sciopero della fame contro il carcere duro.
Delmastro aveva rivelato al collega di partito Giovanni Donzelli il contenuto di una relazione della polizia penitenziaria su alcuni dialoghi tra Cospito e boss mafiosi nel carcere di Sassari. All’inizio dell’anno in Aula alla Camera, Donzelli aveva usato le informazioni per attaccare i parlamentari del Pd Walter Verini, Debora Serracchiani, Andrea Orlando e Silvio Lai, che si erano recati in carcere per visitare l’anarchico, arrivando ad accusarli di essere vicini alla mafia.
“Il punto non è solo il rilievo penale del reato di rivelazione di segreti d’ufficio, ma quello politico-istituzionale. Delmastro è un sottosegretario e ha la delega alle carceri. Ha passato al suo collega di partito nonché coinquilino, informazioni che in Aula il ministro Nordio definì non divulgabili, consentendo di usarle come arma contundente contro l’opposizione. Noi si può non giudicare negativamente”. Così, ai microfoni di Notizie.com, il senatore Walter Verini, aggiungendo di aspettarsi che Delmastro si dimetta: “Ci aspettiamo – al di là delle mozioni di sfiducia che ci saranno – che prenda atto del fatto che la sua situazione è insostenibile, per senso dello Stato e del decoro politico-istituzionale”.
I Dem sono pronti a presentare una mozione di sfiducia: “Il tema è solo uno: un sottosegretario di Stato fornisce notizie non divulgabili per colpire le istituzioni, coperto dal ministro della Giustizia Carlo Nordio. Alla Camera il Pd ha chiesto di calendarizzare la mozione di sfiducia. Ieri in Senato abbiamo chiesto la presenza di Nordio per chiarire per quale ragione abbia coperto e le sue valutazioni alla luce di questo rinvio a giudizio”, ha annunciato Verini.
La vicenda ha acceso il dibattito politico sulla riforma della giustizia, ma anche il dubbio che nei giorni scorsi, il ministro della Difesa Guido Crosetto potesse riferirsi proprio a Delmastro quando ha paventato il pericolo che una parte della magistratura si prepari a una bufera giudiziaria in vista delle elezioni europee.
“Non vedo il nesso tra questa vicenda e la necessità di una riforma della giustizia. Con la ministra Marta Cartabia durante governo Draghi abbiamo approvato la riforma del processo penale, civile e del Csm. Sono tutte applicate e funzionano. Ci sono problemi seri di funzionamento perché mancano i magistrati, i cancellieri e l’ufficio del processo non è stabilizzato. Il vero tema è applicare queste riforme con assunzioni e attraverso la digitalizzazione: per la prima volta dopo trent’anni di guerra tra magistratura e politica, la riforma Cartabia non era contro o a favore di qualcuno, ma di sistema. Le loro riforme invece, rischiano di colpire l’autonomia e l’indipendenza della magistratura”.
Secondo Verini il rinvio a giudizio in qualche modo sconfessa la premier Giorgia Meloni e il ministro della Giustizia Carlo Nordio: “Lui (Nordio ndr) in Parlamento ha dichiarato che erano atti non divulgabili. Che figura fa e che credibilità può avere un sottosegretario di Stato che per colpire le opposizioni diffonde carte non divulgabili?”.
Su questo punto Delmastro va avanti per la sua strada: il documento non era segreto, ed è determinato a dimostrarlo al processo. Il sottosegretario dichiara che rifarebbe tutto. Chi scrive ha chiesto al senatore Verini se anche lui tornerebbe in carcere da Cospito e lui chiarisce una volta per tutte la vicenda. “Non tornerei solo da Cospito: ogni volta che veniamo a conoscenza di situazioni particolari in carcere, che richiedono la necessità di rendersi conto di persona di cosa sta succedendo, certamente lo facciamo”.
Verini spiega il motivo per cui lui e i colleghi di partito andarono dall’anarchico: “Sono parlamentare da molti anni e credo di aver visitato le carceri italiane circa 80 volte. Noi andammo da Cospito perché sui giornali era stato pubblicato un appello da professionalità di alto profilo come Don Ciotti e Gherardo Colombo, che dicevano che un detenuto stava morendo in un carcere italiano. Saremmo andati a visitare chiunque, ma in quel caso era Cospito: se fosse morto – e nelle carceri italiane non deve morire nessuno – ci sarebbe stato il rischio di rivolte sia dietro le sbarre che fuori. Anarco-insurrezionalisti sarebbero giunti in Italia da tutta Europa e ne avrebbero fatto un simbolo. Andammo da Cospito per evitare contraccolpi politici e di ordine pubblico. Una volta tornati, dicemmo a Nordio di fare in modo di trasferire Cospito in un carcere fornito di un centro ospedaliero in grado di assisterlo, cosa che fu fatta dopo un mese. Se lo avesse fatto subito ci sarebbero state meno polemiche e meno violazioni della deontologia istituzionale”.