Gino Cecchettin, la sociologa Munafò a Notizie.com: “Potrebbe insegnare qualcosa a chiunque”

In quell’uomo ho conosciuto un’eleganza e una bontà d’animo incredibile. Potrebbe insegnare qualcosa a chiunque”. 

In esclusiva a Notizie.com, la sociologa Flavia Munafò, direttrice dello sportello di ascolto e prevenzione Socio Donna a Roma, parla di Gino Cecchettin come un uomo, un padre “composto anche nel dolore, nonostante la sua perdita sia gravissima”, durante il suo discorso di ieri ai funerali della figlia.

Flavia Munafò, Gino Cecchettin
Flavia Munafò, Gino Cecchettin (Ansa Foto) – notizie.com

Giulia Cecchettin è stata uccisa dall’ex fidanzato Filippo Turetta che ora è in carcere. “Questa vicenda ha scosso tutti perché è di una gravità senza limiti”. Le parole del padre Gino sono arrivate ai cuori di tutta Italia e “ha messo a tacere qualsiasi polemica sterile che era nata anche nei riguardi dell’altra figlia Elena, per la vicenda della felpa. Siamo abituati a spostare l’attenzione dalle cose importanti alle stupidaggini. Dovremmo avere una coscienza collettiva e sociale molto più sviluppata”. 

Gino Cecchettin ha dichiarato di star pensando a “un nuovo impegno civico”, forse contro la violenza sulle donne che ha visto vittima la figlia. “Ho apprezzato la sua compostezza, il suo essere diretto senza scendere nel simpatetico eccessivo”, aggiunge la sociologo.

Eppure il dolore di questo padre è “inspiegabile: non stiamo parlando di una figlia che aveva una malattia e purtroppo non ce l’ha fatta. Stiamo parlando dell’ennesima vittima. Prima c’era stato il caso di Giulia Tramontano, ancora più orribile perché era incinta. La storia di Giulia per l’opinione pubblica è stato particolare: tutta Italia ha sperato che potesse avere un epilogo differente. Forse per la sua giovane età o anche perché stava per laurearsi. Purtroppo siamo abituati a vivere delitti passionali, uomini che non vogliono essere lasciati, o l’ultimo appuntamento. Ma scatenare una furia così grande su un ipotetico discorso di superamento dell’obiettivo di studio è qualcosa che va oltre il rispetto dei codici della vita”. 

La bara di Giulia Cecchettin
La bara di Giulia Cecchettin (Ansa Foto) – notizie.com

Dottoressa, Gino Cecchettin durante il discorso ai funerali di Giulia ha sottolineato l’importanza di lavorare insieme contro la violenza. Secondo lei la morte di Giulia potrà essere la miccia del cambiamento?
L’ho sperato dopo ogni femminicidio e lo spero fortemente dopo il caso di Giulia. Ma è un’utopia. La richiesta di non fare un minuto di silenzio ma di fare rumore, potrebbe essere spiraglio. Vado in tante scuole e organizzo tanti 25 novembre. Quest’anno è stato diverso sia come professionista sia come madre. Nella scuola di mia figlia che ha nove anni è stato chiesto un minuto di silenzio. Io ho esortato mia figlia a battere i pugni sul banco. Lei l’ha fatto e tutte le compagne e le maestre hanno seguito questo gesto”. 

Gino Cecchettin si è rivolto anche agli uomini, affinché si impegnino in prima persona a sensibilizzare contro la violenza sulle donne. Crede che sia possibile?
È una domanda difficile. L’uomo si sente chiamato in causa ed è giusto che cominci a ragionare in termini di violenza extra-genere. Ci sono anche casi di uomini che subiscono violenze, sono rari ma se ne parla molto meno. Mi piacerebbe che gli uomini si impegnassero davvero perché questo stato culturale cambi e non si parli più di patriarcato solo in maniera propagandistica. Vorrei vederli non solo impegnati a scrivere post su X: sui social siamo tutti bravi a scrivere, ma come ci si comporta nelle giornate? E dentro casa? Riceviamo centinaia di messaggi al giorno da parte di donne maltrattate sul posto di lavoro. Se non destrutturiamo l’idea dell’uomo predatore che si può permettere di schiacciare emotivamente, economicamente e fisicamente una donna, non vedo soluzione. Quindi esorto tutti i giorni gli uomini a rendersi parte attiva di tutte le politiche che mettiamo in atto per le donne”.

Elena, Davide e Gino Cecchettin ai funerali di Giulia
Elena, Davide e Gino Cecchettin ai funerali di Giulia (Ansa Foto) – notizie.com

E…?
Ed è difficile. Ci sono alcuni illuminati, validissimi colleghi, grandi teorici delle pratiche per destrutturare la violenza sulle donne. Ma purtroppo c’è ancora poca partecipazione: non si scende in piazza. Gli uomini dovrebbero sentirsi umiliati per quello che fanno altri uomini perché un uomo che commette violenza è un’umiliazione per il genere. È un problema culturale che va scardinato all’interno delle famiglia e nelle scuole”. 

A proposito di questo: dove finisce il ruolo della scuola e comincia quello della famiglia e viceversa?
Cerco da anni, con estrema fatica, di far sì che lo sportello sia il ponte tra la famiglia e la scuola. Un ponte dove i ragazze transitano in serenità e senza sentirsi giudicati. Con la tragedia di Giulia Cecchettin ho ragionato sul fatto che spesso, come professionisti diamo lezioni morali ai ragazzi, cercando di impartirgli qualche strumento utile a evitare la tragedia. Ma non li ascoltiamo mai, non sentiamo mai quello di cui hanno bisogno per capire e migliorare, chiudere le loro lacune. Se conoscessimo i loro racconti di ciò che accade nelle mura domestiche, in parrocchia o fuori dalla sala giochi, potremmo usare il giusto strumento comunicativo, linguistico e morale idoneo a fare qualcosa di utile”.

Flavia Munafò
Flavia Munafò, sociologa (Foto di Facebook) – notizie.com

Dottoressa, cosa pensa del progetto del governo sull’educazione sentimentale a scuola?
Da tre o quattro anni ho caricato sulla piattaforma del Miur lo stesso identico progetto, ancora prima che si cominciasse a parlare di tutti questi femminicidi. Non è mai stato preso in considerazione, non perché ci fosse un distacco da parte degli insegnanti, ma semplicemente perché non lo ritenevano necessario. Dopo tante morti viene preso in considerazione. Ben venga, ma doveva partire anni fa per lavorare sulla prevenzione. Il progetto dei Ministeri è una base da cui partire, è valido ma va coadiuvato, implementato e messo in pratica aggiornandolo in ogni momento. Noi viviamo in una società talmente liquida e veloce che il modo di comunicare può cambiare in un nanosecondo. Vanno formati i professionisti in modo che sappiano gestire l’emergenza, insegnare la prevenzione, dobbiamo capire dov’è l’emergenza. Parliamo sempre di formazione ma mai di prevenzione. La formazione deve essere continua, sia da parte degli insegnanti sia degli alunni. Questo ora non c’è a causa della burocrazia: il punto è che non si deve parlare di soldi, ma di cuore. E dobbiamo bypassare la retorica della propaganda per fare i fatti. Perché Giulia era una ragazza giovanissima, e domani potrebbe essercene un’altra”.

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