Pierre Friedlingstein è l’esperto dell’Università di Exeter e fa un quadro non proprio ottimista: “Europa, Usa, Cina e India rappresentano il 60% delle emissioni”
Emissioni sì, emissioni no, questo è il dilemma. Peccato che si dovrà arrivare a emissioni zero e l’obiettivo non è così vicino, soprattutto nei confronti di chi utilizza ancora e tanto i combustili fossili. A parlarne, col CorSera è Pierre Friedlingstein, climatologo dell’Università di Exeter che prende molto seriamente il tema, a maggior ragione dal suo ritorno da Dubai per la Cop28. Questo professore fa parte di un gruppo internazionale, il Global Carbon Project, che attorno a sé riunisce oltre 90 università ed istituti di ricerca, e sono proprio loro che forniscono i dati al mondo su quanto si sta consumando al mondo e quante sono le emissioni attuali. Basti pensare che nel 2023 il totale ha raggiunto i 40,9 miliardi di tonnellate (GtCO 2 ).
I dati sulle emissioni sono implacabili e molto precisi: solo quelle del trasporto aereo, sostiene il Professor Friedlingstein sono cresciute del 28,2% in un anno, anche se l’”inquinatore-principe”, dice lui, resta naturalmente il carbone che ha il 41% delle emissioni globali. “Calcolare le emissioni da combustibili fossili è abbastanza semplice. Usiamo i dati forniti dai singoli Paesi su consumi e produzione di carbone, petrolio e gas, oltre che sulle emissioni. Dati che confrontiamo con le statistiche su consumi elettrici, trasporti, ecc. Ovviamente, con alcuni Paesi è più complesso perché mancano registri precisi, così usiamo stime. Più difficile è calcolare le emissioni da “land use”, principalmente dalla deforestazione. Siamo certi, però, che le emissioni crescono dell’1,1% annuo“.
“Europa, Usa, Cina e India rappresentano il 60% delle emissioni”
L’obiettivo è arrivare a non superare 1.5° di riscaldamento, e non sarà facile raggiungerlo se tanti discutono e non vogliono rinunciare all’uso del combustibile fossile, tanto che l’esperto spiega: “Se si mantiene l’attuale trend, raggiungeremo 1.5°C con una probabilità del 50% entro sette anni. Possiamo centrare l’obbiettivo solo con zero emissioni entro 16 anni“. Dati chiari e parole altrettanto decise e chiare, tanto che il climatologo aggiunge e punta il dito: “Europa, Usa, Cina e India rappresentano il 60% delle emissioni. In Unione Europea stanno diminuendo del 7%, in Usa del 3-4%. In Cina crescono ma è ancora una reazione al periodo di stop pandemico e speriamo che presto inizieranno a declinare. In India, le emissioni stanno crescendo molto, l’8% quest’anno e probabilmente continueranno ad aumentare del 4-5% annuo finché non raggiungeranno il picco, tra un po’ di tempo“.
Secondo l’esperto del clima tutto il resto del mondo inquina molto meno, se si dovessero aggiungere Russia e Giappone si arriverebbe al 70% delle emissioni, mentre l’Africa è praticamente al di sotto della soglia, ed è una cosa buona. Si deve arrivare a zero emissioni e le soluzioni non mancano, come il nucleare, ma non è l’unica: “È parte della soluzione, come le fonti rinnovabili. Serve un cocktail di strategie. Le emissioni in Francia sono molto basse grazie al processo di elettrificazione reso possibile dal nucleare. Ma non è l’unica soluzione, è non è applicabile in tutti i Paesi”