Il diplomatico e saggista israeliano parla al CorSera e spiega quello che potrebbe succedere a brave a Gaza ma anche nel suo paese
C’è un bivio, un piccolo tunnel e una luce che si vede alla distanza. Piccola e fioca, ma c’è. “Siamo a un punto di svolta“, dice al CorSera il diplomatico e saggista Alon Pinkas, che anni fa fu uno dei consiglieri e uomini fidati di gente importante che ha fatto la storia in Israele come Shimon Peres e Ehud Barak. E’ da poco rientrato dall’Europa dove ha fatto alcuni giri per partecipare a riunioni e convegni proprio per quello che sta accadendo nel suo paese da mesi anzi, da anni, sostiene lo stesso Pinkas.
Secondo il diplomatico la svolta è vicina perché dietro ci sono gli americani e quando intervengono loro, alla fine succede sempre qualcosa, soprattutto quando di mezzo c’è Israele e anche Netanyahu: “Il presidente Biden, che io conosco bene, ha parlato pubblicamente, dunque il messaggio è chiaro e non privo di conseguenze. Quando gli americani fanno pressioni sui governi amici, tutto comincia in maniera graduale. “Non siamo d’accordo sul dopoguerra a Gaza, sulla soluzione del processo di pace e la nascita di uno Stato palestinese”. Questo è l’inizio di un confronto che non si fermerà alle parole“.
Parole, quelle di Biden e il comportamento americano che avrà delle conseguenza abbastanza secche e precise, tanto che Pinkas non ha dubbi a proposito perché secondo lui sarà l’inizio della fine per Bibi Netanyahu: “La reazione di Bibi? Lui è pronto allo scontro. Sia in Israele, sia con l’alleato più importante. Tutti qui sappiamo che avrebbe dovuto dimettersi due mesi fa. È pronto a vendere l’immagine di un premier che stava per trionfare ma è stato bloccato da forze superiori. La verità è che non gli importa di Israele, per lui conta solo la propria sopravvivenza politica. Sfidare l’America? Bibi crede che ciò gli dia modo di sopravvivere“.
Pinkas è convinto che dietro alle parole di Joe Biden ci sia una strategia per rimuovere l’attuale Primo Ministro, non adesso, ma entro l’inizio del 2024, anche perché è convinto che la pace possa arrivare prima rispetto a quello che si sta facendo adesso. “È evidente che Netanyahu e la sua cricca di estrema destra, gli Smotrich, i Ben-Gvir, non possono essere partner per il “dopo”. Ora, dal punto di vista militare, nel giro di due o tre settimane la situazione sarà per lo più risolta“.