Uno dei più famosi e influenti parlamentari europei spiega il motivo del rallentamento ai fondi destinati per Kiev
Alla fine tutto torna. Ed era anche prevedibile che potesse arrivare ad una situazione simile la vicenda tra Ucraina, Europa e Russia. Tanti puntano il dito su Viktor Orbán e alla sua rigidità che rischia di ricattare Bruxelles su proseguire a dare una mano a Kiev, ma alla lunga e ai più sembra una scusa molto forte e quasi giustificata. E’ vero che il premier ungherese ha permesso l’inizio dei negoziati per l’adesione dell’Ucraina alla Ue, e subito dopo ha bloccato i 50 miliardi destinati a Kiev, ma secondo Raphael Glucksmann le cose sono un po’ diverse: “Purtroppo la mossa di Orbán è solo l’ultimo atto di una situazione drammatica della quale sono responsabili i leader dei grandi Paesi europei, Francia in testa. Siamo sul bordo del precipizio“.
Raphaël Glucksmann ha una lunga storia in Europa e soprattutto sui negoziati con altri stati. E’ un deputato di sinistra a Strasburgo ed è il capolista di Place Publique/Ps che secondo i sondaggi potrebbe essere la sorpresa delle prossime elezioni europee e ora ha una visione molto diversa da quella di tanti suoi colleghi: “All’inizio della guerra Putin aveva fatto due scommesse: la prima era che lo Stato ucraino sarebbe crollato, e quella scommessa l’ha perduta; poi ha puntato sul fatto che le società occidentali e le democrazie europee fossero incapaci di fornire uno sforzo di medio-lungo termine per aiutare Kiev. E al di là dei proclami, tutti i dati sulle consegne di armi all’Ucraina mostrano che Putin sta vincendo questa seconda scommessa“.
Il presidente Macron ha dato continuità agli aiuti e continuerà a farlo, ma allo stesso tempo ha anche aggiunto che deve “salvaguardare il proprio arsenale per la difesa nazionale”. E’ il primo passo di una piccola marcia indietro che, in modo costante, potrebbe portare a isolare la povera Ucraina col vantaggio per la Russia di Putin.
Per Glucksmann è la conferma che qualcosa sta seriamente cambiando con l’Ucraina e si più si va avanti, più si rischia che le cose cambino in maniera radicale: “Nell’estate 2022 Macron ha detto che bisognava passare a una “economia di guerra”. Da allora, non c’è un contratto a lungo termine che sia stato concluso con l’industria della difesa. I soli progressi concreti sono venuti da Commissione e Europarlamento, cioè quelle istituzioni europee che di solito accusiamo di burocrazia e scarsa efficacia“.