Debutta il 4 gennaio al Teatro di Documenti di Roma ‘La recita delle indomabili, rappresentata dalle pazze de La Salpêtrière’ scritto da Teresa Petrangeli e Patrizia Masi, che ne cura anche la regia.
Quando manca ormai poco all’atteso appuntamento, in esclusiva ai microfoni di Notizie.com l’attrice della Compagnia Bolero Monica Ferzi, ha raccontato il lavoro incentrato sul famoso manicomio della Salpêtrière.
L’ospedale psichiatrico è pronto ad accogliere la crème de la crème della società borghese per il Gran Ballo mascherato delle Pazze, come tradizione vuole da fine Ottocento. Una follia divina mischiare i sani con le “insane”, che per un anno si sono preparate all’evento. Una rappresentazione in cui non mancano colpi di scena e ora una delle protagoniste proverà ad anticiparci qualcosa.
Ci racconta il suo personaggio?
“E’ Maya la ladra; dalla prigione al manicomio, internata, non perché malata ma per convenienza della società. Ladra non per scelta ma per necessità, in quanto sola e ragazza madre (con il figlioletto internato con lei). Ne ‘La recita delle indomabili rappresentata dalle pazze della Salpetrière’, Maya interpreta Cleopatra ed al seguito il figlioletto Cesarione, quindi doppio ruolo. Maya irromperà nel personaggio storico di Cleopatra con un continuo dentro-fuori. La verità è che le Pazze hanno trovato il modo ed il mezzo, attraverso il personaggio storico, di denunciare la propria condizione di rinchiuse e i discutibili metodi utilizzati per la gestione della pazzia; raccontano come sopravvivevano ogni giorno in quel luogo che è il manicomio, private della libertà (legate, incatenate), dei diritti, della vita e della dignità degli esseri umani, per via dei medicinali che gli somministravano”.
Una rappresentazione quasi esclusivamente al femminile…
“Da anni la Compagnia Bolero è rappresentata prevalentemente da donne, per cui non è nuova come esperienza, neanche quella di lavorare in gruppo, i nostri spettacoli sono sempre corali. Spettacolo complesso, intenso, con tanti personaggi, pieno di musica e con risvolti inaspettati”.
Visti i delicati temi toccati, attuali anche oggi, qual è il messaggio che intendete mandare?
“Ognuna di noi, attraverso l’azione scenica, con il corpo e la parola, trasmetterà il proprio sentire; ciò avviene, sia per il personaggio storico, ripercorrendo i tratti salienti che lo hanno caratterizzato e per cui è passato alla storia, marchiato iniquamente con l’intento di rivalutarlo, sia per il personaggio della Pazza, che intende affermare che esiste, ed è ‘sana, giusta e viva’ anche se ognuna di loro, per motivazioni diverse, è stata rinchiusa ingiustamente in manicomio in quanto definita ‘scomoda’, solo perché ritenuta figura ingestibile per la società dell’epoca. Ora la società è cambiata? Questo mi chiedo, di fronte a tali temi (malati mentali, omosessuali, anziani, persone comunque fragili e così via). Onestamente non saprei. Rimangono, forse, persone comunque scomode da gestire? Al giorno d’oggi i manicomi sono stati convertiti in Centri di Salute Mentale, grazie a Basaglia di cui ricorrerà il centenario nel 2024. Noi intendiamo trasmettere un messaggio comunque positivo, di apertura, accoglienza e speranza. La Compagnia Bolero già tempo fa ha portato in scena uno spettacolo sugli O.P.G. (ospedali psichiatrici giudiziari), per cui il tema ci è caro”.
Manca poco al debutto, quali sono le sensazioni?
“Abbiamo pensato e preparato tutto? Direi di sì (sorride n.d.r.). La scatola di biscotti, come tamburo? Sì. Il mocio lavapavimenti come microfono? Sì. Il lenzuolo bianco, inzuppato di urina, da mostrare e sventolare come vessillo, simbolo del nostro dolore? Sì. E poi l’ovatta e tanto altro ancora. Le Pazze si sono preparate per un anno intero a questa recita ed utilizzeranno in scena quello che hanno potuto trafugare in manicomio. Siamo pronte? Beh, lasceremo ampio spazio all’improvvisazione; considerato che siamo Pazze, ci prenderemo questa libertà! La sensazione è quella di voler far bene; ci auguriamo anzitutto di trasmettere ed arrivare ad ogni singola persona, di cogliere sguardi incuriositi, che ognuno abbia un sussulto al cuore come un cavallo al galoppo, che le labbra si schiudano ad un grande sorriso e che, salutandoci, gli spettatori ci dicano che è uno spettacolo che fa bene. L’arte, la cultura ed il teatro, fanno bene”.