L’editorialista del New Yorker e famoso scrittore americano parla a Repubblica e spiega le motivazioni per cui è pericoloso l’ex presidente Usa
La corsa alle presidenziali Usa deve ancora cominciare del tutto, ma è partita in maniera anticipata da qualche mese. I Repubblicani, in teoria, devono ancora scegliere ufficialmente il loro candidato alla Casa Bianca, ma la corsa, almeno a parole, è tra Biden e Trump, anche se probabilmente saranno loro due a contendersi la Casa Bianca. Il presidente Biden ha lanciato un appello domandando a chi lo stava ascoltando se “la democrazia è ancora la causa più sacra d’America?“. Una domanda che tanti si stanno ponendo, soprattutto per quello che sta accadendo attorno a Trump e a parlarne nello specifico è con Repubblica è Adam Gopnik, 67 anni, editorialista del New Yorker: “Un quesito cruciale di queste presidenziali, tutt’altro che retorico. La posta in gioco è enorme, ben più alta di prima, perché in questi ultimi anni il trumpismo si è scatenato. Non tollera più realtà né legge. Non ha più freni. Se Trump dovesse vincere, prenderà in ostaggio l’intera nazione“.
Gopnik ammette che le sue parole possono sembrare un po’ troppo negative e funeste, ma si rimette subito in sesto: “A mio modo di vedere il timore è reale“. E fa riferimento a quanto sta accadendo alla Corte Suprema che ha accettato di esprimersi sulla candidabilità di Trump e lo scrittore con amarezza sostiene: “Dubito che lo escluderanno dalle liste elettorali, nonostante abbia palesemente violato il 14esimo emendamento. E poi questa Corte è una creatura di Trump. Lo ha detto chiaramente pure uno dei suoi avvocati: “Ha nominato tre giudici e questi gli devono un risultato favorevole”. In qualsiasi altro momento storico una frase del genere, pronunciata da un repubblicano o da un democratico, avrebbe provocato uno scandalo tale da far tremare le istituzioni. Oggi invece la non indipendenza della più alta Corte è data per scontata. Ecco cosa ha fatto Trump all’America: la sua corruzione reiterata, i suoi atti criminali, hanno abbassato sempre più l’asticella di cosa è tollerabile e cosa no. Qualcosa che fanno solo i leader autoritari“.
Forse il paragone di Biden con Hitler è un po’ troppo forte ed esagerato, ma Gopnik la pensa in maniera diversa e afferma: “Non è un’esagerazione e glielo sentiremo anzi ripetere sempre più spesso. Il fascismo si è fatto sempre strada nelle democrazie in modo tristemente ripetitivo. È terrificante vedere come il Partito repubblicano stia collassando, per trasformarsi in qualcosa di estremista. Comunque vada, fronteggeremo una nuova crisi: perché Trump continuerà a negare risultati e a minare le istituzioni“.
In tanti si chiedono chi sono le persone che sostengono oggi Trump in America, nonostante tutto quello che è successo a Capitol Hill, con la regia dello stesso The Doland, anche se non è mai stato provato e accertato, e anche qui Gopnik fa uno screening dell’elettorato attuale di Trump: “Soprattutto piccola borghesia bianca. Benestanti che si sentono insicuri, dal punto di vista identitario più che economico. Sono una minoranza, ma talmente rumorosa da essersi impossessati del partito. Escluse poche eccezioni come Liz Cheney, nessuno ha il coraggio di uscire dalla logica del clan”.