C’è chi lo chiama gioco delle parti all’interno della coalizione di centrodestra, che alla fine riuscirà a trovare una quadra sulle candidature dei presidenti delle Regioni.
C’è chi invece guarda già al post elezioni regionali e non esclude che proprio da esse possa scatenarsi una crisi di governo. Lo scenario si infittisce di domande se si pensa che si avvicinano anche le europee e la possibile candidatura dei leader dei tre partiti maggiori di centrodestra, la premier Giorgia Meloni, e i vicepremier Matteo Salvini e Antonio Tajani.
Ai nostri microfoni il politologo Luca Verzichelli, presidente della Società italiana di Scienza Politica (Sisp) e professore ordinario dell’Università di Siena, analizza la situazione.
Professore, in questi giorni tiene banco la situazione della Sardegna. La Lega vuole la riconferma di Christian Solinas mentre Fratelli d’Italia opta per Paolo Truzzu. Come se ne esce?
“Se ne esce con un summit di maggioranza per fare il punto della situazione della coalizione. La candidatura alle regionali è un argomento sul quale la Lega può legittimamente intervenire. Mentre sulle questioni del governo deve sottostare alla leader della coalizione Giorgia Meloni, nel caso delle regionali Salvini può far sentire i muscoli”.
Perché?
“Nel caso specifico della Sardegna, Solinas in origine era un indipendente vicino a Forza Italia. In qualche misura Salvini rivendica la sua maggiore vicinanza al cuore conservatore e moderato del centrodestra: questo è un paradosso perché su altri fronti invece, scavalca ampiamente a destra Meloni. Uno spostamento così netto delle presidenze verso Fratelli d’Italia sarebbe giustificato dal punto di vista dei numeri. Oggi FdI è quello che un tempo era Forza Italia: un partito vicino al 30%, ma non lo sarebbe dal punto di vista di una coalizione regionale, perché Fratelli d’Italia è l’ultimo arrivato”.
Sta dicendo che siccome è un partito giovane, Fratelli d’Italia dovrebbe fare un passo indietro?
“Fratelli d’Italia ha fatto dieci anni di opposizione e non ha avuto alcun ruolo nei periodi tra Monti e Draghi delle maggioranze ibride. Quindi la richiesta di Salvini è in linea con le aspettative delle teorie della coalizione: anche de Fratelli d’Italia ha il consenso nelle Regioni, è comunque il partito arrivato per ultimo e deve aspettare”.
Questa eventuale presa di posizione netta della Lega potrebbe comportare una crisi di governo?
“La coalizione sta vivendo una situazione di tensione, ma non è ancora un conflitto foriero di una crisi di governo. Tuttavia, la tensione in maggioranza è evidente”.
Il vicesegretario della Lega Andrea Crippa ha proposto di riconfermare i governatori uscenti alle regionali, per poi dare a Fratelli d’Italia carta bianca sui candidati delle elezioni successive, in modo da togliere le Regioni al centrosinistra. Cosa ne pensa?
“Questa soluzione potrebbe essere valida. E conferma che la natura del problema è politica: Crippa propone una tregua, una sospensione della discussione spostando avanti nel tempo il riallineamento a favore di Fratelli d’Italia. Ciò denota una voglia di risolvere il problema, nessuno vuole rompere la coalizione”.
Cosa pensa del terzo mandato?
“Penso che è una buona regola per garantire continuità, oltre che una buona logica. Trovo come al solito un po’ fumosa la discussione di molti politici e studiosi. Tutti gli argomenti sono ovviamente validi ma il limite dei due mandati è giusto. Anche perché superarlo non solo aiuterebbe la personalizzazione, ma non aiuterebbe i giovani a trovare spazio nella politica”.
Veniamo alle europee. La premier Meloni non ha ancora sciolto la riserva, Salvini ha deciso di non candidarsi. Cosa ne pensa?
“Nel caso delle europee è sempre stata evidente la tendenza dei partiti personalizzati, fin dalla prima ascesa di Berlusconi, di usare la candidatura “civetta” del capo per trainare voti alla persona. Questo è assolutamente opinabile, perché il detentore di una carica apicale dovrebbe essere ineleggibile e incompatibile dopo l’elezione. Questa norma andrebbe cambiata con buonsenso. La scelta di Salvini di non candidarsi è buona: è un altro messaggio a Meloni per proporre una soluzione. La premier fa più fatica a rinunciare a questo bagno di preferenze. Credo che alla fine tutti prenderanno atto che la candidatura personale possa essere superata: se ci è riuscito Salvini può farlo anche Meloni”.
Cosa succederà invece, con i partiti di opposizione?
“Vedremo. Chi saranno i capilista se non i segretari di partito? Vale anche per i partiti di opposizione, Movimento 5 Stelle e Pd. Conte e Schlein hanno meno problemi a candidarsi perché sono solo parlamentari nazionali. Però per coerenza, dovrebbero dedicarsi alle loro cariche attuali. E a quel punto diventa importante la scelta del prossimo capolista. Nel M5S e nel Pd vedo qualche problema, dati anche i rapporti non sempre idilliaci nelle leadership di entrambi i partiti”.