Sulla morte di Giovanna Pedretti sta indagando la Procura di Lodi per istigazione al suicidio.
Si fa sempre più spazio l’ipotesi che la donna si sia tolta la vita nelle acque del Lambro dopo essersi tagliata i polsi. Si procede senza indagati.
Giovanna Pedretti era la titolare della pizzeria Le Vignole a Sant’Angelo Lodigiano, locale conosciuto per l’iniziativa della pizza sospesa e l’impegno a favore dei disabili. Nei giorni scorsi era venuta fuori la vicenda di una recensione negativa di un cliente che esprimeva disagio nell’essere stato seduto vicino a una coppia omosessuale e a un ragazzo sulla sedia a rotelle.
Pedretti gli aveva risposto invitandolo a non tornare più al suo locale. La notizia aveva fatto il giro del web e la donna stava ricevendo moltissimi commenti positivi, fino a che Selvaggia Lucarelli e il compagno Lorenzo Biangiarelli non hanno messo in dubbio la veridicità della recensione.
Da qui in poi i social, come sempre, si sono divisi tra chi credeva alla ristoratrice e chi alla giornalista. Giovanna Pedretti era stata chiamata dai carabinieri come persona informata dei fatti proprio sulla recensione.
Gli investigatori e gli inquirenti ipotizzano che la donna non abbia retto la pressione dei social. Da qui, la decisione di togliersi la vita. La Procura indaga anche per risalire all’identità del computer o dello smartphone da cui è partita la recensione.
Ai nostri microfoni, Andrea Bilotto, psicoterapeuta presidente e fondatore di A.I.C.S (Associazione Italiana Cyberbullismo e Sexting), commenta la vicenda.
Presidente, che idea si è fatto?
“Mancano molti elementi, come dicono anche gli investigatori, a partire dal fatto che non si capisce se la recensione è vera o no. Ma l’accanimento mediatico verso una persona denota tanta cattiveria online e sui social. La gogna mediatica può fare tanto male da arrivare addirittura a un gesto così estremo. La pressione che si vive oggi online è molto forte e ci preoccupa che possa capitare ad adolescenti che non sono in grado di gestire la propria immagine e la propria identità in rete. Lavoriamo molto con gli adolescenti e nelle scuole, ma quando sentiamo fatti del genere collegati ad adulti che dovrebbero essere più forti da resistere, vuol dire che siamo di fronte a un fenomeno ad alto rischio”.
Ma se la recensione fosse falsa, cosa potrebbe aver spinto a scriverla?
“I motivi che finora sono emersi dalle ipotesi, sono legati alla pubblicità del locale. Ma sempre dalle indagini è emerso che non c’erano problemi economici, quindi non c’era bisogno di campagne pubblicitarie per riprendersi. Io però dico: che il post sia vero o no, il locale aiuta i disabili e le persone in difficoltà, e non ci vedo la negatività e la malizia che ci ha visto qualcuno. Alcuni personaggi dovrebbero fare un passo indietro davanti a certe situazioni, perché è brutto scagliarsi contro le persone senza conoscere la loro vita. Serve empatia e sensibilità”.
Però se la recensione fosse falsa si tratterebbe di una fake news…
“Cosa avrebbe fatto di male questa donna? Possiamo solo ipotizzare che la recensione non sia vera. Potrebbero andare a cercare le fake news in contesti più grandi. Invece sembra sempre che si voglia colpire i più fragili, dovrebbero accanirsi di meno”.
Presidente, come si mette un punto all’odio online?
“Stiamo cercando di comporre leggi per prevenirlo. Non ci rendiamo conto che il web è incontrollabile e quando una notizia o un attacco si diffonde è difficile fermarlo. Tutti scrivono e attaccano senza conoscere l’intimità delle persone. Non sappiamo se questa signora viveva una situazione personale difficile, non possiamo giudicare. Le persone dovrebbero innanzitutto aiutare invece di attaccare”.
Cosa manca a livello normativo?
“Manca una parte normativa che possa permettere di intervenire subito per fermare la gogna mediatica. La legge sulla privacy dovrebbe essere più severa e limitare che possano essere diffusi notizie e commenti persone che, ad esempio, sono solo indagate. Finché non sappiamo, non possiamo permettere a tutti di dire qualunque cosa: serve un limite, che sta nel rispetto dell’altra persona. Online questo limite non si percepisce”.