Il famoso giurista e professore parla al Corriere della Sera e si racconta in tutto e per tutto come forse non ha mai fatto nella sua vita
Una delle persone di cui si sta sentendo parlare tanto, soprattutto in questo ultimo periodo per via dell’autonomia differenziata e per il Premierato, argomenti sui quali si è espresso diverse volte, a favore soprattutto. Si tratta del Professor Sabino Cassese che, oltre a presentare una sorta di libro-intervista insieme alla giornalista Alessandra Sardoni, ha parlato un po’ della sua vita, a partire da Enrico Mattei, lo storico patron dell’Eni, morto in circostanze sospette. E lui, il professor Cassese, cominciò proprio con Mattei, andando a lavorare all’Eni.
Ricordi vividi e ancora chiari nella sua memoria, nonostante l’età avanzi, ma quando è il cuore a parlare, il professore Cassese non si ferma e racconta di quando conobbe Mattei nel 1957, appena laureato. Quando seppe della sua morte, non volle crederci e fu tra i primi a saperlo, tanto che al Cor Sera ricorda bene e racconta che venne avvisato da Stelio Valentini che all’epoca “era figlio del capo di gabinetto del presidente del Consiglio Amintore Fanfani”. Per Cassese fu un trauma, tanto che, la notte stessa, andò all’Hotel Eden a Roma (si trova vicino a via Veneto) dove il patron dell’Eni viveva.
Per il professore Cassese la perdita di Mattei fu un trauma, anche perché secondo il giurista, all’epoca, ma anche e soprattutto adesso quell’uomo era avanti a tutti, per questo è convinto quando dice che in quel momento “l’Italia perdeva l’uomo del futuro“. E l’analogia di Cassese, ricordando quel giorno, fu che erano passati quasi diciotto anni dal 25 aprile, ma nonostante questo c’erano ancora elementi che facevano pensare al ventennio.
E l’episodio che racconta è emblematico, anche perché, anni dopo venne a sapere che quando venne chiamato all’Eni, “un carabiniere si presentò nel mio palazzo a prendere informazioni su di me e chiese con discrezione al portiere dello stabile di che orientamento politico fossi“. Una cosa che lasciò perplesso lo stesso Cassese che a distanza di anni ricorda bene che nel rapporto finale questo militare osservò che il professore era un bravo ragazzo, ma che “pencolavo verso le idee del Partito comunista“.