Oggi, martedì 23 gennaio, il Senato è chiamato a votare il ddl Calderoli, che poi passerà alla Camera.
Si tratta disegno di legge sull’autonomia regionale messo a punto dal ministro degli Affari Regionali e Autonomie in quota Lega Roberto Calderoli. Efficienza e valorizzazione dei territori: questi gli obiettivi del ddl, che affronta 23 materie, tra cui salute, istruzione, sport, ambiente, energia, trasporti, cultura e commercio estero.
Le funzioni autonome potranno essere attribuite solo dopo aver determinato i Lep, cioè i servizi essenziali delle prestazioni: una soglia minima dii servizi al cittadino, uniforme in tutte le Regioni da Nord a Sud.
“La maggioranza voterà compatta, portando avanti il programma com’era scritto in campagna elettorale e com’è stato confermato nel 2022 con l’insediamento del governo”. Sono le parole di Paolo Tosato, senatore della Lega e relatore del ddl per l’autonomia differenziata a Palazzo Madama.
Ai nostri microfoni aggiunge che “l’opposizione assumerà una posizione contraria più per esigenze di natura politica di campagna elettorale che per la riforma in sé”.
Onorevole Tosato, cosa intende dire?
“Sul ddl Calderoli l’opposizione ha una posizione politica dettata dall’imminente campagna elettorale per le europee. Nella realtà questo è il percorso auspicato anche dal centrosinistra nella scorsa legislatura. Si tratta di posizioni strumentali ed è un peccato: ma noi andiamo avanti a attueremo la Costituzione, che prevede il riconoscimento dell’autonomia. Inoltre, la riforma del Titolo V del 2001 voluta dal centrosinistra spingeva in questa direzione. C’è poi una legge quadro e l’autorizzazione dell’autonomia solo a condizione del riconoscimento dei Lep non solo per le Regioni che chiedono l’autonomia ma anche per quelle che non la chiedono”.
Perché il ddl Calderoli è necessario?
“Fino ad oggi l’autonomia delle Regioni a statuto ordinario era un’aspirazione sancita dalla Costituzione che non aveva mai trovato attuazione. Con l’approvazione di questa legge oggi al Senato – e speriamo anche alla Camera al più presto – sarà finalmente definito un percorso giuridico-legislativo attraverso cui le Regioni potranno farne richiesta. E governo e Parlamento avranno gli strumenti per poterla concedere. È un passaggio fondamentale di questo lungo percorso per raggiungere una parziale autonomia. Ricordo che non l’hanno richiesta solo Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna, ma nella scorsa legislatura ben 14 Regioni su 15 a statuto ordinario”.
Quali sono le parole chiave del ddl sull’autonomia regionale?
“Autonomia, quindi la possibilità per le Regioni di ottenere la gestione di competenze e relative risorse dello Stato. E non è una contrapposizione Nord-Sud, ma un trasferimento di risorse. L’altro punto fondamentale è l’attuazione degli articoli 116 e 119 della Costituzione. Il secondo prevede il riconoscimento ai cittadini dei livelli essenziali di prestazione dei servizi, a tutela di tutti e senza distinzione”.
Soprattutto al Sud il tema della sanità è un punto caldo. Come migliorerà la gestione?
“Nella realtà la sanità è l’unica forma di autonomia che già esiste. Il fondo nazionale è distribuito alle Regioni in base a criteri oggettivi, come il numero di abitanti e l’anzianità della popolazione. Al di là dei disservizi di risorse che negli anni risultano a causa dell’inflazione, ricordiamoci che l’erogazione dei servizi sanitari posizione l’Italia tra le prime dieci Nazioni al mondo. A differenza di altri parametri che purtroppo vedono il nostro Paese in fondo alle classifiche. Questo dimostra che il sistema sanitario nazionale gestito dalle Regioni funziona bene e va finanziato adeguatamente”.
In che modo i servizi verranno finanziati adeguatamente?
“Alcune materie potranno essere attribuite alle Regioni al di là delle risorse necessarie, semplicemente garantendo alle Regioni quello che già oggi lo Stato spende per i territorio nell’erogazione di alcuni servizi. Per altre materie che richiedono i lep, andranno individuate le risorse per erogare adeguati servizi ai cittadini di tutte le Regioni, anche quelle che non richiederanno l’autonomia. Questo comporterà da parte del governo, prima un calcolo delle risorse necessarie, poi l’individuazione e l’assegnazione di queste cifre per avere servizi adeguati. Abbiamo quindi deciso di non utilizzare la spesa storica come parametro per assegnare le risorse, ma per competenze rilevanti che riguardano la quotidianità dei cittadini”.